Punto di vista

Skymetro e scolmatore, il presidente della Fondazione Cima: “Il Bisagno non sarà mai sicuro al 100%”

Ferraris: "Non dobbiamo più arginare e coprire i torrenti, ma considerarli come una risorsa. E non possiamo fare scolmatori dappertutto"

Generico febbraio 2024

Genova. Un torrente come il Bisagno non sarà mai definitivamente in sicurezza, nemmeno quando sarà finito lo scolmatore, cioè tra quasi due anni secondo le ultime previsioni. Ed è per questo che qualunque intervento – compreso il controverso Skymetro – va calibrato con grande attenzione. È il pensiero di Luca Ferraris, ingegnere ambientale esperto in costruzioni idrauliche e presidente della Fondazione Cima, ente di ricerca che si occupa di studiare, prevedere e prevenire i rischi legati ai cambiamenti climatici. Di recente è intervenuto al convegno organizzato dalla Filca Cisl al Palazzo della Borsa sull’impatto occupazionale delle opere di contrasto al dissesto idrogeologico.

Ferraris, c’è un grande dibattito su questa metropolitana sopraelevata che si prevede di realizzare lungo l’argine del Bisagno. Considerati i rischi di quella vallata è giusto costruirla o sarebbe meglio valutare ipotesi alternative?
“In questi casi non c’è mai una risposta assoluta sì o no, va bene o non va bene. Quello che stiamo dicendo è che dobbiamo trovare uno sviluppo che tenga conto che ci sono diversi torrenti. Non devono più rappresentare qualcosa da nascondere, che vogliamo togliere, ma dobbiamo considerarli una risorsa. Se cambiamo prospettiva tante soluzioni si trovano”.

Ma lo scolmatore dovrebbe mettere in sicurezza il torrente, tanto che sono emerse proposte ancora più impattanti. Quando il Bisagno sarà alleggerito della sua portata di piena potremo urbanizzarlo ancora di più? 
“Un fiume non è mai sicuro al 100%. Noi tecnici siamo abituati a lavorare in fase di incertezza, di tempi di ritorno. Va bene anche lo Skymetro se diventa un’occasione per migliorare la sicurezza del torrente. Ma occorre considerare il fiume nella sua interezza, non possiamo vedere in termini settoriali le diverse cose, altrimenti facciamo gli stessi errori che abbiamo fatto in passato”.

Che cosa intende?
“Non possiamo fare scolmatori dappertutto. Abbiamo un territorio molto a rischio perché abbiamo un sacco di rii tombati non verificati, frutto di un’urbanizzazione fatta nel dopoguerra non solo perché avevamo bisogno di territorio ma anche perché avevamo poche conoscenze. Oggi dobbiamo cambiare strategia”.

Cioè?
“Dobbiamo immaginare uno sviluppo del territorio che tenga conto dei rischi. I torrenti, i fiumi non sono più qualcosa che dobbiamo coprire e arginare sempre di più, ma anzi li dobbiamo scoprire. E dobbiamo trovare un modo per convivere con loro. Il nostro clima andrà verso due poli: momenti in cui ci saranno forti precipitazioni e temporali che mettono in crisi il nostro territorio e lunghi momenti in cui l’acqua non ci sarà. Torrenti e fiumi sono una risorsa importante: se troviamo il modo per convivere con loro, per fare spazi verdi che l’uomo utilizza quando non abbiamo acqua e che poi lascia al fiume quando piove forte, forse troveremo un modo per metterci in sicurezza rispetto ad oggi”.

Il nostro territorio però è fortemente urbanizzato: dove si possono immaginare interventi simili?
“Faccio un esempio su Savona: il rio Molinero inonda frequentemente una parte di città. C’è uno stadio a fianco: un’idea potrebbe essere usare lo stadio anche per laminare e mettere in sicurezza quel territorio quando piove tanto”.

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