Genova. Nessun voto di scambio: “nessuno ha garantito niente e nessuno ha promesso niente” solo che “se davamo l’aiuto a qualcuno magari può darsi che se vinceva, per dire se c’era qualche cosa da potere, diciamo così, avere qualche lavoro, sempre a livello privato però”. Così il riesino Arturo Testa, indagato per voto di scambio nella maxi inchiesta della Procura di Genova, ha risposto alla giudice Paola Faggioni e al pm Federico Manotti nell’interrogatorio di garanzia, per difendersi dalla grave accusa di corruzione elettorale con l’aggravante mafiosa. Su quest’ultimo punto è stato deciso nel dichiarare alla giudice: “Volevo dire che l’associazione *Amici di Riesi” che io ho fondato e presiedo ha istituito il premio “Orgoglio riesino” e ho sempre premiato persone dell’antimafia, dove io sono orgoglioso anche rappresentante”.
Sul voto di scambio, vale a dire sui voti pilotati dai ‘riesini’ verso tre candidati della Lista Toti alle regionali del 2020, operazione secondo l’accusa gestita direttamente dal capo di gabinetto della Regione Liguria Matteo Cozzani, ci sono molte intercettazioni. E a conferma della tesi accusatoria, come emerge indirettamente dalle trascrizioni del verbale dell’interrogatorio dell’indagato, ci sono anche le dichiarazioni rese – come persona informata sui fatti – della deputata Ilaria Cavo (non indagata nell’ambito dell’inchiesta) che aveva incontrato i gemelli Testa in un ristorante nei pressi di Bergamo i due “non gli erano piaciuti”, tanto che Cavo nonostante le sollecitazioni di Cozzani, non parteciperà alla cena elettorale organizzata dai riesini a Punta Vagno, dove sarà invece presente il governatore Toti.
Ilaria Cavo, dice il pm all’indagato ha detto “in maniera esplicita che voi in quell’incontro che durò 30-40 minuti che per fare la campagna elettorale voi volevate essere spesati di vitto e alloggio” e che “a fronte di questo sostegno elettorale quantificabile in circa 400 voti successivamente alle elezioni si sarebbero dovuti garantire dei posti di lavoro per soddisfare le esigenze di appartenenti alla comunità riesina”.
Testa smentisce la versione della allora candidata Cavo, che da questo ‘patto’ si era appunto tirata indietro: “Le posso assicurare che non abbiamo chiesto posti di lavoro” ha ribattuto testa al pm aggiungendo che “Secondo me non le piacque magari per il fatto di dire: ‘Ci rimborsi vitto e alloggio’, magari lei è abituata a fare le cose aggratis, però noi li, quantomeno non ci vogliamo perdere”.
Dalle carte emerge come Matteo Cozzani si sia mosso in prima persona per ricevere i curriculum dei 5 riesini inviati dai Testa e abbia spinto fino a fargli effettuare i colloqui presso l’azienda edile Cosme. I posti di lavoro (ma della questione dei curriculum Arturo Testa racconta che si occupò soprattutto il fratello Italo Testa) alla fine non andranno a buon fine, ma per l’accusa la “promessa” costituisce di per sé la corruzione elettorale.
Testa nell’interrogatorio ha confermato che Umberto Lo Grasso (indagato per rivelazione di segreto istruttorio) li aveva avvertito che su quel giro di voti dirottati c’erano indagini in corso: “Ci ha detto ‘C’è in giro la voce che praticamente abbiamo i telefoni sotto controllo’”. Ma dice di non aver mai saputo per cosa stavano indagando e di aver risposto “Il mio e di mio fratello è stato… lo facciano, noi non abbiamo niente da nascondere, facciamo campagna elettorale come da 50 anni abbiamo sempre fatto”. Cioè io penso che si preoccupa uno che fa qualcosa di male, ma uno che fa le cose alla luce del sole….. Ho fatto campagna elettorale in Belgio,
in Germania”. “Noi lo facciamo per passione, non abbiamo mai barattato niente”.