La storia

Il Rubens perduto torna a Genova: ecco cosa c’è dietro il sequestro del dipinto al Ducale

Venduto da una famiglia nobiliare genovese per 300mila euro, dopo l'attribuzione al Maestro del Barocco vale 4 milioni. Quattro indagati per riciclaggio e illecita esportazione di opere

Generico dicembre 2022

Genova. Per ora è sotto sequestro e non può essere ammirato né dal pubblico né dal collezionista che lo aveva acquistato alcuni anni fa. Ma “il Rubens perduto” – il dipinto “Cristo risorto appare alla Madre” – è quasi tornato a casa.

Solo da pochi mesi attribuito con certezza al grande genio del Barocco è stato esposto per la prima volta al pubblico nell’ambito della mostra “Rubens a Genova” da ottobre a Palazzo Ducale. Da questa mattina l’accesso alla sala dove il dipinto era collocato, a margine del percorso espositivo, è sbarrato da alcuni pannelli.

Il quadro è stato sequestrato dai carabinieri del nucleo Tutela patrimonio culturale della Liguria su disposizione della Procura che ha indagato quattro persone – due commercianti d’arte, un commercialista e il figlio di quest’ultimo – per illecita esportazione di opere culturali e riciclaggio.

Datato 1612-1616, raffigura il Cristo risorto davanti a due figure femminili, entrambe corrispondenti alla Madonna, una delle quali emersa in seguito a una radiografia e un restauro ancora da ultimare. L’opera, fino a poco tempo fa attribuita genericamente alla scuola fiamminga, almeno dall’inizio del 1800 è stata di proprietà della famiglia nobiliare genovese dei Cambiaso.

Il quadro è rimasto fino ai primi anni Duemila a palazzo Pitto, uno dei Rolli, di proprietà della famiglia. Acquistato per 300mila euro da un collezionista privato nel 2012, da allora si trovava a Praga. Le indagini coordinate dal pm Eugenia Menichetti e dal procuratore aggiunto Paolo D’Ovidio sono concentrate sul valore dell’opera, lievitata con la nuova attribuzione fino ad essere assicurata, oggi, per 4 milioni di euro, e sul sistema utilizzato dai mercanti d’arte per esportarla all’estero.

In particolare, l’attestato di libera circolazione relativo al quadro, rilasciato dall’ufficio esportazione di Pisa, sarebbe stato ottenuto grazie a false dichiarazioni e omissioni. In particolare il quadro era stato fatto passare per un dipinto fiammingo del valore di 25mila euro. Gli indagati, secondo quando appurato dagli inquirenti, hanno anche dissimulato la vendita fittizia dell’opera utilizzando società appositamente create all’estero, di difficile individuazione.

Da Palazzo Ducale, sede della mostra, parlano di “piena e assoluta collaborazione con i carabinieri” e ribadiscono come la richiesta di prestito dell’opera sia avvenuta nel pieno rispetto delle normative vigenti: “E non potrebbe essere altrimenti, considerato il ruolo che la Fondazione svolge non soltanto a livello cittadino”, le parole della direttrice Serena Bertolucci.

Da dove è scattata l’inchiesta della procura? Forse da una denuncia dei proprietari iniziali, i nobili genovesi che hanno ceduto, ignari, il Rubens per poche centinaia di migliaia di euro. Forse da altri soggetti. Quello che è certo è che senza la decisione dei curatori di portare il “Rubens perduto” allo scoperto forse l’opera sarebbe rimasta nel circuito privato arricchendo i protagonisti di compravendite ma senza essere valorizzata o conosciuta dal grande pubblico.

“L’attribuzione di un’opera di Rubens – sottolinea Anna Orlando, curatrice della mostra insieme a Nils Büttner – passa attraverso il vaglio degli studiosi dell’istituto di riferimento che è il Rubenianum di Anversa, la massima autorità scientifica internazionale per lo studio delle opere di Rubens. Ai curatori, uno dei quali – Büttner – è proprio il presidente del Rubenianum, il dipinto è stato sottoposto soltanto in anni recenti, a distanza di almeno 8-10 anni dalla sua vendita. Un lavoro collegiale degli studiosi di Rubens ritiene che l’opera sia eseguita su disegni di Rubens in parte dalla bottega e in parte dal Maestro, come spiega esaustivamente la scheda di catalogo, a firma di Fiona Healy”.

Gli studiosi dell’editorial Board del “Corpus Rubenianum”, ossia la serie di volumi che scheda e pubblica tutte le opere di Rubens – tra i quali Büttner – hanno potuto visionare l’opera durante il restauro presso l’I.R.P.A., Istitut royal du Patrimoine artistique, istituzione belga senza scopo di lucro. Anna Orlando, in qualità di co-curatrice della mostra di Genova è stata invitata a visionare il dipinto e a partecipare alla giornata di studio che si è svolta in quella sede l’11 agosto 2022. Diversi tra gli studiosi di quella giornata fanno parte del comitato scientifico onorario della mostra. In quell’occasione è stato sottolineato l’interesse scientifico per il dipinto che non era mai stato esposto al pubblico in precedenza. In quella occasione si era anche deciso di esporlo prima di ultimare il restauro condividendo l’ipotesi che debba trattarsi di opera di Rubens e della sua bottega (ossia solo una parte considerata autografa cioè di mano di Rubens).

Il sequestro “è un provvedimento che riguarda la proprietà del quadro e non la sua autenticità. Sia Palazzo Ducale sia i curatori dell’esposizione, con cui abbiamo avuto modo di confrontarci, hanno operato nel pieno rispetto delle regole. Ci auguriamo che su questa vicenda si faccia chiarezza in tempi brevi e che l’opera possa tornare a essere esposta al più presto. Soprattutto auspichiamo che questa indagine non comprometta il prestigio di una mostra importante, che sta avendo un grande successo di pubblico, tanto da essere stata prolungata fino al 5 febbraio”. Così in una nota il presidente della Regione Liguria e assessore alla Cultura Giovanni Toti.

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