Genova. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha rilasciato nei giorni scorsi una dichiarazione che ha destato diverse polemiche: i soggetti infettati e asintomatici hanno meno probabilità di diffondere il contagio del SarsCov-2 rispetto a quelli che hanno sviluppato sintomi.
Sul tema interviene oggi l’infettivologo genovese Matteo Bassetti in un lungo post sulla sua pagina facebook.
Per il direttore della clinica di Malattie infettive del San Martino anzitutto arriva una critica all’organizzazione mondiale della sanità: “L’OMS dovrebbe usare un po’ più di cautela quando vengono date certe notizie. Da un’istituzione internazionale così importante ci si aspetta che nel momento in cui si pronuncia, lo faccia su delle chiarissime e incontrovertibili evidenze scientifiche”.
“Buona parte delle misure che stiamo utilizzando – spiega – sono infatti state prese proprio per evitare il contagio dagli asintomatici e che questi ultimi rappresentino un problema importante”.
Per l’infettivologo genovese “probabilmente gli asintomatici non sono tutti uguali. La possibilità o meno di trasmettere il virus è una questione legata alla carica virale, può variare tra soggetto e soggetto e più è bassa più calano le probabilità di contagiosità”.
Bassetti elenca quindi 4 categorie di asintomatici:
– gli asintomatici che resteranno tali e che sono portatori sani del virus; questi dovrebbero avere una bassa carica virale e quindi bassa probabilità di contagiare
– La seconda categoria è quella degli asintomatici che nel giro di qualche giorno svilupperanno poi i sintomi, i cosiddetti pre-sintomatici ovvero quelli nella fase di incubazione, e questi presenterebbero invece una più alta carica virale con una conseguente maggiore probabilità di essere contagiosi”.
– la terza categoria è quella dei paucisintomatici, ovvero soggetti che presentano sintomi lievissimi e che possono passare inosservati, con una carica virale ancora diversa probabilmente più elevata
– la quarta categoria è quella dei “non più sintomatici” quelli che sono guariti e che dopo due tamponi negativi tornano ad avere positività. Ebbene questi hanno probabilmente carica virale bassissima o addirittura nulla e non sono in grado di trasmettere l’infezione
Per Bassetti “bisognerebbe quindi misurare la quantità di virus presente sul tampone o su altro materiale testato e dare un numero. Quindi non solo se uno è positivo o negativo, ma anche quanto virus c’è. Fare quindi un esame sia qualitativo che quantitativo. Solo così si potrebbe stabilire la soglia sopra la quale si è contagiosi oppure no”.