Genova. È Matteo Cozzani, capo di gabinetto del presidente Giovanni Toti, l’anello di congiunzione tra l’inchiesta della Procura della Spezia e il terremoto giudiziario innescato dai pm di Genova che ha portato all’arresto – tra gli altri – di Giovanni Toti, Paolo Emilio Signorini e Aldo Spinelli. L’ex sindaco di Porto Venere, infatti, è finito agli arresti domiciliari per corruzione e turbativa d’asta insieme al fratello Filippo Cozzani, imprenditore, e ai noti imprenditori milanesi Raffaele e Mirko Paletti, amministratori di società che operano anche nel Comune di Porto Venere.
Nell’ambito dell’inchiesta spezzina è stata applicata una misura cautelare interdittiva nei confronti di sei imprenditori, tra cui anche Saverio Cecchi (presidente di Confindustria Nautica e legale rappresentante de I Saloni Nautici), Alessandro Campagna (direttore commerciale del Salone Nautico), Ivan Pitto e Giovanni Olcese, entrambi attivi nel settore pubblicitari. Pitto è da poco anche consigliere di amministratore dell’aeroporto di Genova.
Secondo l’accusa, Matteo Cozzani avrebbe agevolato in vario modo gli imprenditori coinvolti in cambio di lavori o forniture commissionate alle imprese della sua famiglia, rappresentate legalmente dal fratello Filippo, ma gestite di fatto anche da lui. Alcuni degli imprenditori coinvolti avrebbero inoltre effettuato finanziamenti alla Lista Toti (da qui poi la trasmissione agli atti alla Procura di Genova e l’apertura del secondo filone) oltre ad aver offerto in numerose occasioni ospitalità gratuita in albergo.
Tra gli episodi contestati a Cozzani a titolo di “favori” ai Paletti si segnala il bando di gara per la concessione dell’ex scuola d’infanzia Ravecca, adiacente al Grand Hotel di proprietà della famiglia milanese, che l’ex sindaco avrebbe fatto redigere in modo da avvantaggiarli. Nel mirino della Procura c’è anche la realizzazione di uno stabilimento balneare sull’isola Palmaria da parte degli stessi Paletti mediante attività amministrativa ad hoc come la rinuncia alla prelazione sull’area da parte del Parco e altri provvedimenti di giunta. Si indaga anche per presunti abusi d’ufficio e falsi. Applicato il sequestro preventivo di 215mila euro considerati profitto dei reati commessi.
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