Le motivazioni

“Debole e incurante dell’interesse pubblico, può inquinare le prove”: ecco perché per la gip Signorini deve stare in carcere

L'ex presidente dell'Autorità Portuale è accusato di corruzione per l'esercizio della funzione e per atti contrari ai doveri d'ufficio. Per la gip è concreto il rischio di reiterazione alla luce della carica ricoperta

Paolo Emilio Signorini

Genova. Un pericolo “attuale e concreto che l’indagato possa reiterare, nell’ambito delle proprie funzioni, altre condotte corruttive analoghe a quelle per cui si procede, mettendo la propria funzione al servizio di interessi privati in cambio di utilità per sé o per altri”.

La gip Paola Faggioni mette nero su bianco le motivazioni che hanno portato all’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per Paolo Emilio Signorini, ex presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale e attuale amministratore delegato di Iren.

Per lui l’accusa della Procura di Genova è di “corruzione per l’esercizio della funzione e per atti contrari ai doveri d’ufficio”. Nell’ambito della stessa maxi inchiesta che ha scosso nelle fondamenta la Liguria, e che ha portato anche agli arresti domiciliari per il presidente della Regione Giovanni Toti e l’imprenditore Aldo Spinelli, Signorini è l’indagato su cui pende la misura cautelare più pesante. Il carcere, appunto.

La gip Paola Faggioni, sulla base dell’enorme fascicolo che costituisce le basi dell’inchiesta coordinata dalle procure di Genova e La Spezia, motiva così la decisione “Tali esigenze sono desumibili, essenzialmente, dalle modalità stesse della condotta sintomatiche di una personalità del tutto incurante dell’interesse pubblico e dei principi di imparzialità e buon andamento della pubblica funzione svolta, ‘messa a disposizione’ e ‘servizio’ di interessi di privati al fine di ottenere in cambio utilità personali”.

Tra queste, il saldo delle spese per il matrimonio della figlia, soggiorni di lusso a Montecarlo, viaggi a Las Vegas, promesse di incarichi lavorativi prestigiosi. Per la gip il meccanismo di corruzione è “sistematico”, oltre che “allarmante”, perché posto in essere “in un ampio arco temporale e con due diversi imprenditori portuali, dimostrando una scarsa consapevolezza dell’importantissimo ruolo pubblicistico ricoperto”. Presidente dell’Autorità Portuale, appunto. Ma quali sono i fatti contestati? Nelle carte si parla di viaggi , soggiorni di lusso con giocate al casinò, massaggi e altri servizi extra, e poi regali – bracciali di Cartier, borse di Chanel – la promessa di un impiego da 300mila euro quando avesse concluso il mandato da presidente dell’autorità portuale.

Tutto garantito da Aldo Spinelli a fronte dell’impegno di accelerare la calendarizzazione della pratica in Comitato di Gestione (da lui presieduto) di rinnovo della concessione del Terminal Rinfuse alla Terminal Rinfuse Genova S.r.l. (controllata al 55% dalla Spinelli S.r.l.) e per aver rinnovato la suddetta concessione per trent’anni. Non solo. Sempre secondo le carte, Spinelli avrebbe ottenuto grazie a questi favori ulteriori spazi portuali, in particolare le aree Enel (ex Carbonile) e nella pratica del “tombamento” di Calata Concenter, l’occupazione abusiva dell’area dell’ex Carbonile lato levante Nord e Sud in assenza di un titolo legittimante.

Signorini, secondo i pm, sarebbe stato corrotto anche da Mauro Vianello, titolare del 54,19% delle quote dell’impresa Santa Barbara S.r.l., attiva nel settore degli affari concernenti i trasporti e le comunicazioni e specializzata nei servizi di Prevenzione, Vigilanza e Primo Intervento Antincendio nell’ambito del porto di Genova. In cambio di un provvedimento che disponeva l’aumento della tariffa oraria per le prestazioni del servizio integrativo della Società Santa Barbara, avrebbe ricevuto la disponibilità di un’autovettura di proprietà di Vianello per raggiungere e rientrare da Montecarlo per due giorni ad aprile, un Apple Watch da regalare e, ancora 6.600 euro per il banchetto di nozze della figlia. Vianello che proprio Signorini ha nominato consulente in Iren, con il compito di curare i rapporti con il territorio e lo sviluppo di progetti in Liguria “come corrispettivo ricompensa delle utilità ricevute”, scrive la gip.

Sono però le spese per il matrimonio della figlia a ricorrere più di frequente nelle richieste che Signorini avrebbe avanzato soprattutto a Spinelli. La gip parla di “il livello di asservimento” da parte di Spinelli verso Signorini, e della “debolezza” di quest’ultimo “davanti alle allettanti utilità prospettate dall’imprenditore”. A confermarlo sarebbero le parole di un’amica di Signorini, cui l’ex presidente dell’Autorità Portuale avrebbe chiesto parte del denaro per saldare il catering del matrimonio della figlia. Denaro che l’amica gli ha prestato tramite bonifico, per poi pentirsene dicendo ad alcuni conoscenti che “non li rivedo più”.

“Perché io avevo cominciato a capire assolutamente come girava la situazione. Lui da quest’uomo si è fatto prendere proprio sotto”, sono alcune frasi intercettate nel corso di una telefonata tra la donna e una conoscente: “Perché fino a quando lui si fidava di me, mi raccontava tutto, di questo vecchio. Tutto, mi raccontava. Però lui si è fatto tirare moltissimo dentro a questa vita fatta di lusso sfrenato… di soldi che piovono…”.

Il rischio di reiterazione per la gip è concreto anche alla luce dei rapporti che Signorini ancora ha con Spinelli: ad aprile l’attuale ad di Iren era ospite dell’imprenditore a Montecarlo. E c’è poi “l’elevato rischio di inquinamento delle prove”, e il rischio che Signorini “sottoposto ad una misura meno afflittiva di quella inframuraria, abbia la possibilità di mettersi in contatto con altri indagati per elaborare una strategia comune”.

Particolarmente significativa “della sussistenza di una personalità negativa”, conclude la gip, è anche l’atteggiamento tenuto da Signorini nel corso del lungo periodo di indagini: nonostante abbia espresso più volte, secondo gli inquirenti, il pericolo di essere in qualche modo intercettato, tanto da mettere a punto stratagemmi per contattare Spinelli, ha “continuato a perseguire con assiduità le proprie finalità illecite”. Da qui la decisione di procedere con l’emissione della più severa delle misure cautelari, quella in carcere.

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