Genova. Sono soprattutto le chiamate dei cosiddetti “delatori” a impegnare da qualche giorno la centrale ligure del 112, il numero unico d’emergenza da cui passano non solo le urgenze sanitarie ma in generale tutte le richieste di intervento, a prescindere dalla situazione attuale legata all’epidemia di coronavirus. Ma sono proprio le sentinelle popolari, che vigilano sul rispetto dei divieti per limitare il contagio, a innescare centinaia di telefonate. Non sempre giustificate.
“Quantificare il dato è molto difficile, ma possiamo dire che nel weekend abbiamo avuto svariate segnalazioni di seconde case aperte da tutta la Liguria”, spiega il direttore della centrale, Sergio Caglieris. E fin qui tutto bene. Ma telefonate di questo genere, raccontano gli operatori, sono ormai frequentissime: c’è chi va alla scoperta di gite proibite sul monte Fasce (anche se non sa spiegare perché si trova nello stesso posto), chi compone il 112 appena scorge un runner dalla finestra, chi professa la granitica certezza che il tale signore sia già uscito quattro volte per fare la spesa, chi semplicemente riferisce di aver visto persone per strada senza porsi il dubbio se siano autorizzate o meno.
“La scorsa settimana abbiamo ricevuto una serie di chiamate di cittadini che si lamentavano perché una persona suonava incessantemente uno strumento musicale – ci racconta uno dei 46 operatori che si alternano nella sede interna all’ospedale San Martino – poi abbiamo scoperto che si trattava di un’insegnante di musica che dava lezioni di flauto in videochat. Lei stessa, poi, ci ha chiamato per denunciare che i suoi vicini non la lasciavano lavorare”.
Psicosi da quarantena che gravitano inevitabilmente sul Nue prima di scaricarsi sulle forze dell’ordine, polizia di stato e carabinieri. Per fortuna sono sempre meno le persone che chiamano per ottenere informazioni. “Ieri sono state poco meno di 300 – riferisce Caglieris – mentre all’inizio della crisi ne contavamo anche 2mila al giorno”. Una cattiva abitudine che è passata di moda, sia perché la Regione ha attivato linee specifiche sia perché, dopo oltre un mese di emergenza, anche le perplessità più irrazionali (lo raccontavamo su queste pagine) sono ormai dissolte.
Molte telefonate, invece, sono di persone che chiedono di essere sottoposte a tampone. Ieri sono state 96, in calo rispetto alle scorse settimane che presentavano una media giornaliera di 150. “In genere si rivolgono a noi perché hanno avuto contatti con persone positive, tipicamente nella stessa famiglia. In quei casi noi facciamo da filtro: se sono sintomatici se ne occupa il 118, altrimenti noi li segnaliamo alla Asl competente che dovrebbe prenderli in carico”. Dovrebbe, perché sono ancora numerosi i solleciti al 112 da parte di chi non è mai stato richiamato.
Nessun assalto ai centralini, per ora, dopo l’annunciata partenza delle visite domiciliari con le squadre Gsat, gruppi sanitari di assistenza territoriale. “Qualcosa è arrivato, ma per ora non sono numeri alti – spiega il direttore Caglieris -. Anche in quel caso facciamo riferimento alla Asl se la persona è asintomatica o ha sintomi più lievi. Dal nostro punto di vista il protocollo non è cambiato, la gestione dei singoli casi dipende dalle Asl”.