Cronaca

Omicidio Molassana, il pm: “I Morso pronti a uccidere”. Chiesti 19 anni per Vincenzo e Guido

Richieste di pena 'scontate' dal rito abbreviato. Il pm Landolfi: "La pistola aveva il colpo in canna". Sentenza il 28 maggio

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Genova. Diciannove anni ciascuno per Guido Morso e per il padre Vincenzo, accusati di aver volontariamente ucciso il 27 enne Davide Di Maria in un appartamento di Molassana nel pomeriggio del 17 settembre 2016.

E’ la pena richiesta in abbreviato dal sostituto procuratore Alberto Landolfi che – terzo pm che ha preso in mano le indagini sull’omicidio dopo i colleghi Franz e Lari – ha sparigliato le carte riformulando nel corso nel dibattimento le accuse.

Per l’accusa infatti i due Morso erano arrivati quel pomeriggio nell’abitazione di N’Diaye per uccidere. Sapevono chiaramente – ha detto il pm nella requisitoria che si è svolta a porte chiuse dopo la trasformazione del rito da ordinario in abbreviato – che quell’invito chiarificatore era una trappola e ci sono arrivati preparati. Di più: “Con il colpo in canna” ha ricordato il magistrato. Appena arrivati nel piccolo appartamento, ancora sulla soglia, Vincenzo Morso avrebbe immediatamente sparato un colpo. Il proiettile, ritenuto in un primo tempo responsabile della morte di Di Maria, si andrà a conficcare in un mobile.

Al colpo era seguito un parapiglia dove Marco D’Diaye, anche lui armato, aveva cercato di disarmare Vincenzo Morso la cui arma si era inceppata e venne quindi usata come corpo contundente. Nella ressa si era inserito Guido Morso che secondo l’accusa (suffragata dalle dichiarazioni di Christian Beron che rimane sempre ai lati della rissa) ha un coltello con cui era riuscito a colpire più volte alle cosce N’dyaie probabilmente per liberare il padre. A quel punto Di Maria si era inserito forse per separare i contendenti ricevendo in cambio – probabilmente casualmente-  un’unica coltellata mortale all’addome.

Il 27 enne morirà pochi minuti dopo nel cortile dell’appartamento.
Il movente dell’omicidio è per l’accusa un debito di droga e soprattutto il ‘piano’ di N’Diaye insieme a Di Maria e Beron di andare a intaccare il territorio dei Morso. “Genova è nostra” urlava N’Diaye il giorno prima in un garage di Marassi dopo aver prestato un ragazzo che si era rifiutato di comprare da loro una partita di fumo.

Per lo spaccio di droga e il possesso dell’arma il pm ha chiesto per N’Diaye, già in carcere proprio per la rapina-aggressione del giorno prima – otto anni e 4 mesi. Stralciata la posizione di Cristian Beron, accusato solo di spaccio di sostanze stupefacenti che sarà processato con rito ordinario. Il pm ha chiesto per tutti l’assoluzione dal reato di rissa. Nelle prossime udienze toccherà alle difese. La sentenza è attesa per il 28 maggio.

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