In sospeso

Depositi chimici, il piano regolatore portuale potrebbe superare i ricorsi al Tar. Municipio deposita osservazioni

L'attesa della sentenza si prolunga, mentre valutazione ministeriale prosegue: ma il nuovo prp potrebbe confermare definitivamente il progetto

depositi chimici

Genova. Nella “visione” del sindaco Marco Bucci sono presenti nella loro nuova dislocazione, con tanto di varco di emergenza nella nuova diga a sancirne il destino. Ma nel frattempo la valutazione di impatto ambientale è ripartita da zero a livello ministeriale, mentre dal tribunale amministrativo si aspetta la sentenza di un ricorso che potrebbe buttare di fatto la palla in tribuna. Parliamo dei depositi chimici, oggi a Multedo, ma che nei progetti di Autorità di sistema portuale e Comune di Genova troveranno nuova dislocazione su Ponte Somalia, nel cuore del porto di Sampierdarena.

Una ipotesi progettuale che se da un lato libererebbe due zone chiave per il quartiere del ponente (aree su cui sono già fatte ipotesi per il post depositi) dall’altro lato farebbe gravare sull’area portuale un impianto industriale a rischio di incidente rilevante, non troppo distante dalle case di Sampierdarena. Una “presenza” non gradita ad una consistente parte della popolazione che in questi mesi si è attivata per fermare il progetto, guidata da comitati e dal municipio stesso guidato dal pentestellato Michele Colnaghi.

Una opposizione che ha trovato la sponda anche di alcuni operatori portuali, che in questi mesi hanno depositato diversi ricorsi al Tar: il tribunale amministrativo è stato chiamato a decidere sulle istanze (presentate a febbraio 2022) che impugnano la delibera con cui l’Autorità di Sistema Portuale di Genova a metà dicembre 2021 aveva approvato la procedura di Adeguamento tecnico funzionale (Atf) sufficiente, secondo l’authority, a consentire la movimentazione nel porto di Sampierdarena di prodotti con un punto di infiammabilità inferiore a 61 gradi. I ricorsi sono stati presentati dal gruppo Grimaldi, da Silomar, da Saar- Sampierdarena Olii e, appunto, dai Comitati di Sampierdarena guidati dal Municipio II.

Depositi chimici, presidio davanti a Palazzo San Giorgio

Una procedura, quella contestata, che avrebbe bypassato – secondo i ricorrenti – la modifica del piano urbanistico portuale oggi vigente na che di fatto risale al 2000. E che oggi è in fase di revisione. Per questo motivo, la lunga attesa per la sentenza, per molti inizia ad essere un indizio di come il tribunale starebbe aspettando la definizione del nuovo prp che potrebbe accogliere la modifica sostanziale della destinazione di Ponte Somalia, facendo di fatto superare il ricorso stesso e permettendo alla valutazione di impatto ambientale di procedere senza nuovi intoppi. Secondo le prime indiscrezioni rilanciate in questi mesi, infatti, la prima bozza del piano potrebbe arrivare nel mese di maggio.

Nel frattempo, però, il progetto continua il suo iter approvativo. Dopo la pubblicazione delle carte in sede ministeriale, il Municipio di Sampierdarena ha depositato delle osservazioni che puntano a dimostrare come questo dislocamento abbia dei pesantissimi imbatti ambientali e dei vizi procedurali: “Sono essenzialmente quelle che avevamo depositato quando era stata aperta la Via regionale – commenta Colnaghi – di fatto il progetto è stato ripresentato senza nessuna modifica sostanziale”.

Nel documento vengono contestati molteplici aspetti del progetto: la mancata disponibilità dell’area, oggi in mano a terzi (Ponte Somalia è in concessione a San Giorgio srl e Forest srl); il progetto non sarebbe tecnicamente condiviso tra Superba e Carmagnani e la surroga ipotizzata da sindaco ad oggi non ha avuto riscontri; la non conformità totale del progetto al decreto 31/7/1934 che esclude serbatoi fuori terra di quelle entità in calate portuali non separate dal resto del porto. Viene poi contestato l’aspetto ambientale del progetto, che secondo il municipio avrebbe carenze nello studio di impatto ambientale e andrebbe in direzione diversa rispetto al piano regionale  di risanamento e tutela della qualità dell’aria. E poi la mancanza dello studio approfondito di alternative al progetto, dell’impatto acustico dell’impianto e dell’impatto sui beni culturali e paesaggistici.

 

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