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Fine vita, al via la discussione in Liguria: “Ecco perché non è una legge sull’eutanasia”

La Liguria potrebbe essere la prima Regione italiana ad aver approvato una legge sul suicidio medicalmente assistito

paziente ospedale fine vita

Liguria. Prende il via la settimana prossima in commissione Sanità la proposta di legge sul fine vita. Un iter complicato e pieno di variabili, al termine del quale la Liguria potrebbe essere la prima Regione italiana ad aver approvato in consiglio un provvedimento sul tema (l’Emilia Romagna, infatti, è ricorsa ad una delibera di giunta anziché discutere il tema in consiglio regionale).

“Questa proposta di legge si propone di favorire l’applicazione del principio di autodeterminazione di ogni cittadino. È una manifestazione di libertà e perciò spero che tutti coloro che parteciperanno ai lavori lo facciano nella massima libertà individuale e di scelta, sulla base delle proprie convinzioni personali e di una conoscenza completa della materia”, è l’auspicio di Brunello Brunetto, esponente della Lega e presidente della commissione Sanità.

È fondamentale fare un primo distinguo chiarendo i concetti di “eutanasia” e “suicidio assistito”. Per Brunetto “chiarire il significato dei termini è fondamentale per poter avere un terreno comune che incoraggi un dialogo rispettoso e informato in merito a questioni così importanti e sensibili. E questo vale per i professionisti sanitari, per gli attivisti, per ogni persona interessata, ma oggi soprattutto per i politici chiamati a prendere decisioni sul tema”.

Secondo Treccani, l’eutanasia è la “azione od omissione che, per sua natura e nelle intenzioni di chi agisce (eutanasia attiva) o si astiene dall’agire (eutanasia passiva), procura anticipatamente la morte di un malato allo scopo di alleviarne le sofferenze. In particolare, l’eutanasia va definita come l’uccisione di un soggetto consenziente, in grado di esprimere la volontà di morire, o nella forma del suicidio assistito (con l’aiuto del medico al quale si rivolge per la prescrizione di farmaci letali per l’autosomministrazione) o nella forma dell’eutanasia volontaria in senso stretto, con la richiesta al medico di essere soppresso nel presente o nel futuro. L’uccisione medicalizzata di una persona senza il suo consenso, infatti, non va definita eutanasia, ma omicidio tout court, come nel caso di soggetti che non esprimono la propria volontà o la esprimono in senso contrario. Non rientrano inoltre nel concetto di eutanasia l’astensione o la sospensione di trattamenti futili e di forme di accanimento terapeutico, nonché la sedazione terminale (uso di farmaci sedativi per dare sollievo a sofferenze insopportabili negli ultimi momenti di vita)”.

La proposta di legge relativa alle “procedure e tempi per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi e per effetto della sentenza n. 242/19 della Corte costituzionale” è stata presentata dai consiglieri Giovanni Battista Pastorino, Fabio Tosi, Paolo Ugolini, Davide Natale, Enrico Ioculano, Luca Garibaldi, Armando Sanna e Roberto Arboscello (anche Ferruccio Sansa ha poi aggiunto la firma) e ha le proprie basi nella sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale, quella sul caso Cappato, che ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’articolo 580 del codice penale, nella parte in cui non esclude la punibilità di chi […] agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente”. In Liguria esiste un solo comitato etico con valenza regionale.

In altri termini ad oggi, secondo la nostra giurisprudenza per poter essere sottoposti a suicidio medicalmente assistito devono presentarsi (contemporaneamente, è bene sottolinearlo) quattro condizioni: la persona che ne fa richiesta deve essere pienamente capace di intendere e di volere; deve avere una patologia irreversibile; la patologia deve essere portatrice di gravi sofferenze fisiche o psichiche; deve sopravvivere grazie a trattamenti di sostegno vitale. L’aiuto al suicidio o l’agevolazione del proposito di suicidio (autonomamente e liberamente formato) non è punibile se riguarda una persona che vive tutte e quattro queste condizioni. Dunque, il suicidio medicalmente assistito può essere erogato dal servizio sanitario.

La proposta di legge è stata elaborata e promossa dall’associazione Luca Coscioni, che nel frattempo ha avviato la raccolta firme in altre regioni, senza però riuscirci in Liguria, dove gli uffici del consiglio avevano respinto il testo. A differenza del Veneto, dove la legge è stata bocciata in consiglio per un solo voto di differenza, la proposta ligure non è di iniziativa popolare ma è stata depositata da alcuni consiglieri d’opposizione e si avvia ora all’iter legislativo che la porterà al vaglio dell’assemblea per l’eventuale approvazione finale.

“Con la già citata sentenza, la Corte Costituzionale ha già espresso un parere fondamentale nel merito di ciò che ogni cittadino è libero di fare o non fare con la propria vita – sottolinea Brunetto – Ciò che manca, ad oggi, è una normativa che declini tempistiche e modalità definite per l’esercizio di questa libertà qui nella nostra regione. Ad esempio, non è specificato in alcun modo che una persona che vuole porre fine alla propria vita possa farlo a casa propria, circondato dai propri cari, anziché nel letto di un ospedale”.

Insomma, con questa proposta di legge non si vuole dire ancora “sì o no” al diritto di sottoporsi volontariamente a suicidio medicalmente assistito, ma si vogliono fornire tutele rispetto a tempi e modi a coloro i quali hanno deciso volontariamente di sottoporsi questo processo. È una differenza sostanziale: non viene stabilità la legittimità dell’esercizio di una libertà individuale, ma vengono stabiliti i termini in cui le istituzioni (come Stato e sistema sanitario nazionale e regionale) devono fornire supporto a chi ha richiesto di esercitare questa libertà, sancita da una sentenza della Corte Costituzionale.

Come detto, ora la proposta di legge sta per intraprendere il suo iter burocratico. Il primo passaggio sarà la discussione in sede di commissione regionale: “La discussione – precisa Brunetto, che in qualità di presidente della commissione dirigerà i lavori – avverrà nel rispetto delle convinzioni di ciascuno. Molti leader politici si sono già espressi favorevolmente rispetto al tema del fine vita; altri si sono dimostrati contrari. È necessario rispettare le convinzioni di ciascuno. Personalmente, alla luce proprio delle mie convinzioni e del mio vissuto personale, se mi trovassi nelle quattro condizioni ‘di specie’ chiederei di poter esercitare questo diritto; tuttavia, non forzerò mai nessuno che non abbia ancora un proprio punto di vista o la pensa diversamente a pensarla come me”.

Brunetto confida che “sia in commissione che poi in consiglio regionale la discussione sarà attenta e rispettosa della tematica. Anche per questo saranno ascoltate associazioni, esperti e altre figure, le quali potranno e dovranno esprimere il loro pensiero in merito. L’obiettivo è ascoltare tutte le opinioni, conoscere tutte le sfaccettature e approfondire ogni visione per arrivare a maturare una decisione consapevole, senza pregiudizi, senza scelte demagogiche e senza imposizioni di parte politica”.

La “palla” passerà poi in mano ai direttori generali delle Asl, che dovranno nominare commissioni multidisciplinari che dovranno verificare la sussistenza delle condizioni di accesso e le modalità di esecuzione del suicidio assistito: “Questo tema non può essere declinato come una ‘to do list’ e cioè un elenco di cose da fare e l’indicazione di chi fa cosa; occorre capire, ad esempio, come realizzare il processo. Senza contare che bisognerà fare i conti, necessariamente, con la possibile e legittima obiezione di coscienza da parte degli operatori. Insomma, una volta licenziato il dispositivo, bisognerà seguire con attenzione i dettagli per l’applicazione di quella che sarà la legge regionale”.

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