Genova. Anche l’Italia alza il livello d’allerta sulla febbre Dengue, la malattia infettiva tropicale trasmessa dalle zanzare del genere Aedes, tra cui la famigerata zanzara tigre ampiamente diffusa dalle nostre parti. In seguito all’aumento dei casi a livello globale – in Brasile se ne contano ormai più di 500mila – gli uffici Usmaf, organi del ministero della Salute che vigilano sulla sanità marittima e aerea, hanno ricevuto l’indicazione di adottare misure di vigilanza non solo per i viaggiatori provenienti dai Paesi in cui “è frequente e continuo il rischio di contrarre la malattia”, ma anche per le merci importate dalle zone a rischio. Non fa eccezione il porto di Genova, che riceve ogni anno circa 800mila tonnellate di merce dal Sud America su un totale di quasi 20 milioni.
Dobbiamo preoccuparci? Abbiamo chiesto lumi a Matteo Bassetti, direttore della clinica di malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova: “In Sudamerica – spiega l’infettivologo – c’è un’epidemia con un numero impressionante di casi, favorita dalla ruralizzazione delle città: le zanzare non pungono solo in Amazzonia ma anche a Rio de Janeiro e Buenos Aires. In questi giorni ci saranno tantissimi italiani che andranno a festeggiare il Carnevale: se qualcuno di loro si dovesse contagiare, basta che al rientro venga punto da una zanzare tigre, di cui siamo pieni anche noi a causa delle temperature troppo alte, ed ecco che il virus si può trasmettere ad altre persone col rischio di dare vita a un focolaio autoctono“.
Le zanzare, infatti, sono il vero nemico da sconfiggere per evitare il propagarsi della malattia. Due le specie in grado di ospitare il virus e trasmetterlo ad altri esseri umani: la Aedes Aegypti, chiamata anche “zanzara della febbre gialla”, che non riesce a sopravvivere alle temperature invernali delle zone temperate, e la Aedes albopictus, cioè la zanzara tigre che ormai si è adattata benissimo alle nostre condizioni climatiche, peraltro sempre più vicine a quelle tropicali. “L’unica possibilità di contagio è data dalla puntura di questi insetti o dalla trasfusione di sangue infetto. Se si bacia o si mangia insieme a una persona con la febbre Dengue non succede niente”, chiarisce Bassetti.
Ma quali sono i sintomi ai quali prestare attenzione? “Febbre elevata, male alle ossa, dolore alle articolazioni, comparsa di rash cutaneo, dolore dietro le orbite degli occhi sono quelli tipici – risponde l’infettivologo – ovviamente insieme al criterio epidemiologico del viaggio in un Paese tropicale. Nessun allarmismo, ma in quel caso è bene fare un esame del sangue per capire se si è venuti in contatto col virus”. Niente isolamento, però: “Assolutamente no, si devono applicare misure di igiene pubblica come la disinfestazione con larvicidi per uccidere le zanzare nei dintorni”. La stessa macchina che era scattata l’anno scorso a Genova per una giovane che si era contagiata in Brasile.
Per la febbre Dengue non c’è una vera terapia e generalmente si guarisce spontaneamente nel giro di due settimane. Il vero pericolo, in realtà, è contrarre l’infezione per la seconda volta con un ceppo differente dal primo. In quel caso la malattia si manifesta sotto forma di febbre emorragica. “Può svilupparsi una forma davvero molto impegnativa, in alcuni casi anche mortale“, avverte Bassetti.
Ed è qui che entra in gioco il vaccino. Le prime fiale sono in arrivo all’istituto Spallanzani di Roma e il ministero della Salute sta lavorando per avere altre scorte a disposizione in caso di necessità. Ma all’orizzonte non c’è nessuna campagna di immunizzazione di massa in stile Covid: “Non si devono vaccinare tutti, ma solo chi ha già avuto un contatto col virus Dengue per prevenire una forma grave della malattia, oppure chi prevede una lunga permanenza in zone in cui è endemica. Chi va a fare un viaggio può partire tranquillo”, rassicura Bassetti. Ma è bene comunque adottare misure di prevenzione, che sono quelle sempre valide per evitare di essere punti dalle zanzare: “Si consigliano zampironi, repellenti, abiti con maniche lunghe, pantaloni lunghi, vestiti chiari. Ad esempio, meglio non andare a fare il bagno in un lago al tramonto”.
La febbre Dengue non è una novità in Italia. “Ogni anno i reparti di malattie infettive trattano una decina di casi, Genova compresa”, riferisce Bassetti. Il problema è che sono già stati registrati focolai “autoctoni”, cioè persone che sono state contagiate senza aver viaggiato in luoghi a rischio: “Questo significa che abbiamo già un reservoir interno ed è la ragione per cui bisogna sensibilizzare chi torna dai viaggi in zone tropicali, magari con un messaggio sul cellulare o una e-mail della compagnia, che sono più efficaci dei manifesti negli aeroporti. Bisogna evitare che si aggiungano nuovi casi”.
Il rischio, insomma, è che la malattia si diffonda anche alle nostre latitudini, complice la tropicalizzazione del clima che consente ai vettori (le zanzare) di proliferare e contagiare più facilmente. “Per questo i Comuni devono avviare la disinfestazione a maggio, quando si possono uccidere le larve. Farlo a giugno, luglio o agosto è già troppo tardi”, sottolinea l’infettivologo. Un consiglio su tutti? “L’autocontrollo, il Covid ce lo ha insegnato. In presenza di sintomi influenzali al rientro da un viaggio si va dal medico e ci si fa prescrivere le analisi del sangue”.