La raccomandazione

Influenza aviaria, uomo contagiato da un bovino negli Usa. Bassetti: “Fondamentale tenere aggiornati i piani pandemici”

"A oggi non si è trasmesso da uomo ad uomo, ma chi può sapere cosa succederà in futuro", ha detto l'infettivologo commentando il caso

matteo bassetti

Genova. Anche l’infettivologo Matteo Bassetti interviene nel dibattito suscitato dal primo caso di influenza aviaria registrato in un essere umano contagiato da un bovino.

Il direttore della clinica di malattie infettive del San Martino, in un post condiviso su Facebook, ha confermato appunto che “negli Usa una persona è risultata positiva al ceppo H5N1 dell’influenza aviaria ad alta patogenicità. Si è contagiato attraverso bovini da latte”, aggiungendo anche che “ormai il virus dell’aviaria si è riassortito con una pressione virale elevatissima. Infatti sta provocando infezioni non solo nei volatili, ma in molti mammiferi, compresa la mucca texana. A oggi non si è trasmesso da uomo ad uomo, ma chi può sapere cosa succederà in futuro”. Poi la raccomandazione: “Una ragione in più per tenere sempre aggiornati  i piani pandemici”.

Il bovino, come accennato da Bassetti, con tutta probabilità è stato contagiato in precedenza da pollame infetto o da un uccello. Il CDC, l’ente governativo americano responsabile di temi di salute pubblica, ha reso noto che la persona contagiata dalla mucca ha sviluppato un unico sintomo, un arrossamento degli occhi coerente con congiuntivite, che è in isolamento è in terapia con un farmaco antivirale per l’influenza. Ha anche sottolineato che “questa infezione non modifica la valutazione del rischio per la salute umana dell’influenza aviaria H5N1 per il pubblico generale degli Stati Uniti, che il CDC considera bassa. Tuttavia, le persone con esposizioni ravvicinate o prolungate e non protette a uccelli o altri animali infetti (incluso il bestiame) o ad ambienti contaminati da uccelli o altri animali infetti corrono un rischio maggiore di infezione”.

Il CDC sottolinea anche che si tratta dellas econda persona risultata positiva al virus dell’influenza A (H5N1) negli Stati Uniti, e che un precedente caso umano si è verificato nel 2022 in Colorado. Le infezioni umane da virus dell’influenza aviaria A, compresi i virus A (H5N1), “sono rare ma si sono verificate sporadicamente in tutto il mondo”. Il problema è però la capacità del virus di mutare rapidamente. Proprio il 3 aprile il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) e l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) hanno diffuso un rapporto in cui delineano i fattori che contribuiscono a far sì che i virus dell’influenza A (H5N1) acquisiscano la capacità di diffondersi efficientemente tra gli esseri umani, aumentando così il loro potenziale pandemico.

I virus dell’influenza rimangono prevalenti tra le popolazioni di uccelli selvatici nell’Unione Europea, e hanno un’elevata mortalità. È stata osservata la trasmissione tra specie di uccelli e di mammiferi, anche negli allevamenti di animali da pelliccia dove sono stati segnalati focolai. Angeliki Melidou, principale esperto dell’ECDC sui virus respiratori, ha dichiarato che “la trasmissione da uccelli infetti all’uomo rimane un evento raro, senza che sia stata identificata alcuna infezione umana confermata nell’UE/SEE. Tuttavia, la possibilità che i virus dell’influenza aviaria si adattino agli esseri umani e causi una pandemia rimane motivo di preoccupazione. Sono quindi cruciali la vigilanza continua, gli sforzi di preparazione e una maggiore comprensione dei fattori sottostanti”.

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