Recensione

Turandot, la fiaba teatrale di Carlo Gozzi una rarità da vedere al Duse fotogallery

Scenografia e costumi che privano l'opera dei riferimenti orientali e la rendono ancor più contemporanea nonostante un linguaggio diviso tra endecasillabi sciolti e dialetto

turandot al teatro duse

Genova. La fiaba teatrale settecentesca di Carlo Gozzi, che fu di ispirazione per la celebre opera di Puccini, è l’originale proposta del Teatro Nazionale di Genova. Turandot è in scena sino al 17 dicembre al Teatro Duse con la regia di Andrea Collavino.

Una rarità, vuoi perché Gozzi fu il rivale del più apprezzato Carlo Goldoni che riformò la Commedia dell’Arte tanto difesa dal primo, vuoi perché il linguaggio in cui è scritta la commedia richiede uno sforzo di comprensione anche allo spettatore. Apprezzabilissima e coraggiosa, dunque, questa nuova produzione nell’epoca in cui l’attenzione media di un essere umano diminuisce in continuazione alla stregua di uno scroll su TikTok. Questo deve fare un teatro pubblico.

Scritto nel 1762 sulla base di una favola orientale comparsa nella raccolta I mille e un giorno del francese François Pétis de la Croix, Turandot racconta la storia di una principessa che si ribella al padre e rifiuta il matrimonio per evitare di perdere la propria indipendenza, come accaduto a tutte le donne che la circondano. Decide, quindi, che chi chiede la sua mano dovrà rispondere a tre difficilissimi indovinelli e che sarà decapitato se non darà le risposte corrette. Quando Calaf, principe in disgrazia ma ricco di virtù, pur di non sposarla contro la sua volontà accetta di mettere ancora a rischio la propria vita, nonostante abbia brillantemente risolto i tre enigmi, qualcosa in lei cambia.

Collavino priva Turandot di tutti i riferimenti orientali che invece sono parte integrante dell’opera che Puccini consegnò all’immortalità. Una scenografia minimal con una parete argentata sullo sfondo e porte a scomparsa, mentre sul lato sinistro delle quinte un tendone a fili. Gli unici oggetti che vengono spostati dagli stessi attori sono delle sedie che vanno a formare il cosiddetto divano che tanto ricorre nel testo. Gli abiti sono eleganti, ma appunto nessun riferimento alla ‘China’.

Spazio dunque alla contemporaneità di un testo che vede una donna ribellarsi in modo ostinato e allo stesso tempo violento all’obbligo di sposarsi, ma anche alle difficoltà di accettare la sconfitta abbandonandosi a un sentimento germogliato suo malgrado. Spazio alla parola, a cui Collavino si mantiene fedele: l’italiano in endecasillabi sciolti e il dialetto delle maschere, riconoscibili da gilet ‘a tema’ con evidenti riferimenti a Venezia, Pisa, al mare del Sud.

Lo spettacolo vive di momenti particolarmente comici, con l’eunuco interpretato da Graziano Sirressi che “rompe” gli schemi originari e dimostra anche grande abilità nel suonare dal vivo un paio di strumenti musicali. Felice l’idea di raccontare la scena finale con una sorta di replay delle scene più importanti. Non sono mancate le situazioni in cui la complessità del racconto, il confronto drammatico tra i personaggi necessitava di un’attenzione supplementare. Un aspetto che è molto presente nel testo di Gozzi.
La prova degli attori merita un voto in più proprio per lo sforzo che immaginiamo debbano aver fatto nel riuscire a dare la giusta intonazione e musicalità a un testo che spesso ha il verbo in finale di frase. A volte ‘l’eccessiva velocità di esecuzione’ ne limitava la comprensione, ma senza pregiudicare la totalità dello spettacolo, salutato con applausi ed entusiasmo dal pubblico.

I nove interpreti si sono presentati all’inizio, anticipando che alcuni di essi si sarebbero impegnati anche in più parti, tutti bravi nonostante le insidie del testo, soprattutto Nicola Pannelli nei panni del padre di Turandot ed Elsa Bossi poliedrica in più ruoli: Andreapietro Anselmi, Beatrice Fedi, Lisa Lendaro, Davide Lorino, Luca Oldani, Deniz Özdoğan e appunto Graziano Sirressi.

Prima della chiusura del sipario Nicola Pannelli si è appellato al governo per chiedere una tregua e il cessate il fuoco alla guerra in Palestina.

 

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