Idea

Il futuro del Lagaccio, oltre la funivia: strade più ampie, alberi, servizi e collegamenti verticali

Lo studio del Comune per "riconnettere e valorizzare il quartiere", dice il vicesindaco Piciocchi.

Generico febbraio 2024

Genova. In attesa che i cantieri della funivia tra la Stazione Marittima e Forte Begato passino da essere propedeutici a effettivi – perché è quello che succederà in primavera  se è vero che il Comune è vicino alla soluzione del problema dei piloni, delle stazioni e delle interferenze con gli assi di forza, come osservato in sede di conferenza dei servizi da Sovrintedenza e Amt – negli uffici del Matitone si sta lavorando da alcuni mesi a mettere nero su bianco alcune idee per non rendere quell’intervento, tanto discusso, l’unica mossa dell’amministrazione per il futuro del quartiere del Lagaccio.

D’altronde una delle principali critiche avanzate dal fronte del no alla funivia – una galassia eterogenea di associazioni, comitati e semplici cittadini – è proprio quella che un’opera tanto impattante, visivamente e non solo, non rappresenti in alcun modo un plus per il quartiere e non sia accompagnata a una serie di migliorie strutturali che la popolazione chiede da tempo.

E allora le idee. Al momento tali sono quelle che ci sono state illustrate dal vicesindaco e assessore al Pnrr Pietro Piciocchi, insieme all’architetto della direzione Infrastrutture e opere pubbliche Giacomo Gallarati e al presidente del municipio Centro Est Andrea Carratù, in quanto collettore dei desiderata del Lagaccio. Ma quando oltre al racconto esistono disegni tecnici, calcoli, stime, ipotesi che restituiscono un quartiere in potenza più vivibile. Nonostante la funivia.

Generico febbraio 2024

“Queste sono alcune idee che abbiamo elaborato per fare in modo che il Lagaccio torni a dialogare e a connettersi sia con la parte a mare della città sia con la rete dei forti, ma anche perché si riconnetta al suo interno, unendo e non separando quelle che oggi sono quasi isole, la ex Caserma, via Del Lagaccio, le creuze attorno, il parco, la zona del ponte Don Acciai – dice Piciocchi – la volontà è di agire sui percorsi, sulle strade, i marciapiedi, i collegamenti tra diverse quote, senza dimenticare i parcheggi ma soprattutto spingendo sulla creazione di alcuni servizi e sull’apertura del Lagaccio a nuovi utenti, nuovi abitanti e lavoratori”. Il vicesindaco aggiunge: “Vogliamo arrivare alla definizione di un masterplan ma vogliamo farlo attraverso un percorso partecipato con cittadini, associazioni e comitati“.

Ma vediamo, nel concreto, quali sono alcuni dei punti su cui il Comune vorrebbe intervenire. Iniziando dalle opere sul tavolo ben da prima che del progetto della funivia, come l’allargamento di via del Lagaccio nel tratto tra la piazza della chiesa e il ponte Don Acciai. Oggi la strada è già a doppio senso di marcia ma la larghezza della carreggiata è da “senso unico”. Qui la direzione Lavori pubblici, oltre al consolidamento del versante che dà sul parco, e a un allargamento, ha ipotizzato anche la possibilità di un ampliamento della strada con un sistema a sbalzo, con pilastri di sostegno sullo stesso versante. Questo consentirebbe addirittura di ricavare alcuni nuovi parcheggi.

A proposito di parcheggi, il piano di rigenerazione del Lagaccio ideato dal Comune, che comprende la sistemazione della parte di via Del Lagaccio più in basso, quella dove oggi si trova la maggior parte dei negozi di vicinato e dei presidi sociali con alberi, marciapiedi più larghi e la valorizzazione di slarghi e piazze, dovrebbe fare i conti con gli stalli di sosta che inevitabilmente sarebbero sacrificati. Secondo Piciocchi il problema si può risolvere in parte con la ricoversione della palazzina ex Sati – “E’ un appalto integrato già affidato, i lavori partiranno entro poche settimane”, dice – e in parte su altre aree da ridisegnare. D’altronde le “tavole” elaborate prevedono livelli diversi di rivoluzione urbanistica, alcuni più spinti sul fronte dello spazio per pedoni, altri più conservativi.

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Tra le altre possibili novità per il Lagaccio raccontate ci sono almeno un paio di ascensori. Uno è quello che dovrebbe collegare il parco di Valletta Cinque Santi con via Napoli, alla fine di quella che oggi è una strada privata concessa al Comune in comodato d’uso. “Quello che vorremmo è fare in modo che da Oregina, attraverso il giardino Don Acciai, ci fosse un ingresso degno di tale nome al parco e che fosse collegato ad esso con un impianto verticale, quello della scuola Mazza, a oggi, non è funzionale”, dice Piciocchi. Ancora tutta la risolvere, però, la partita della proprietà privata.

L’altro ascensore dovrebbe invece sorgere tra la parte più a monte del parco del Lagaccio, la sovrastante via del Lagaccio e il ponte Don Acciai, in modo da rendere più facilmente raggiungibile la futura stazione intermedia della funivia e integrarla, davvero, nel sistema di trasporto pubblico anche a uso del quartiere.

Per questi interventi, che si estenderebbero tra il ponte Don Acciai e Principe, i costi si aggirerebbero attorno ai 15-20 milioni di euro. Dove ricavarli, tutto da decidere. Resterebbero fuori dalla stima di massima altri piani che, però, potrebbero vedere la collaborazione di privati in una logica di project financing o anche come iniziative private tout-court.

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E il caso di alcuni servizi che potrebbero trovare spazio all’interno dell’ex caserma Gavoglio. Dove recentemente è stata trasferita la scuola dell’infanzia 3-6 anni Birulò (40 iscritti, quest’anno) e dove sono iniziati i lavori Pnrr per creare un asilo nido 0-3 anni a gestione comunale. Ma l’edificio principale, quello con il cortile centrale e strutturato su quattro grandi ali, resterebbe in gran parte inutilizzato e allora il sogno del Comune sarebbe realizzarvi uno studentato. “Vicino all’Università, integrato in un parco verde, vicino a impianti sportivi – afferma Piciocchi – ma per immaginare una trasformazione di questo tipo, per cui potrebbero essere interessati anche privati, dobbiamo risolvere una questione di normativa sui vincoli idraulici per cui uno studentato sarebbe oggi una struttura troppo pesante”. Anche in questo caso, lanciare il cuore oltre l’ostacolo, per ipotizzare gli universitari al Lagaccio, è d’obbligo.

Chi molto probabilmente inizierà a frequentare il Lagaccio, invece, sono i dipendenti delle Ferrovie. Qualcuno ricorderà come nell’ambito della discussione sulla funivia i progettisti avessero auspicato l’acquisizione da parte del Comune e l’abbattimento del massiccio palazzo rosso all’inizio di via Del Lagaccio. Edificio, a oggi, praticamente vuoto. In realtà, le carte in tavola sono cambiate: Fs ha ricomprato quel palazzo, che era diventato di una società immobiliare di Poste Italiane, ed è in procinto di fare un grosso investimento per trasferire lì in propri uffici. Questo significa che decine di lavoratori vivranno il Lagaccio, sfruttando, almeno si spera i suoi negozi e i suoi bar.

C’è poi tutto il “mondo” interno alla ex Caserma e legato ai lotti mancanti del progetto di riqualificazione. Ma sugli oltre 10mila metri quadri di proiettificio la suggestione più forte è quella di una struttura sportiva in grado di attrarre genovesi anche da altre zone della città. Già in passato si era parlato di una piscina ma ogni discussione è ancora in fase troppo embrionale per poterla citare senza correre il rischio dell’evanescenza.

Restando con i piedi per terra (che poi è anche il nome di uno dei comitati del Lagaccio) la prossima settimana sono previsti nuovi incontri tra il Comune, i progettisti della funivia e la sovrintendenza: forse già in quell’incontro saranno presentate le idee per venire incontro alle osservazioni, soprattutto quelle relative alle stazioni. Doppelmayr-Collini, con la mano dell’architetto Cillara Rossi, sarebbero pronte a ridurre ai minimi termini l’estetica delle strutture e riportarle a una sorta di scheletro che ricordi in parte le gru storiche del porto. Si vedrà. Per quanto riguarda i piloni, l’indirizzo preso sembra essere quello dei tralicci, ma anche questi saranno il più possibile “snelliti”. Impossibile invece la riduzione dell’altezza, imposta dalla normativa di sicurezza anticendio per gli impianti a fune, e poco probabile che ci sia una variazione sul tracciato.

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