Genova. “Le prospettive sono di 6-7mila persone da accogliere a Genova nelle prossime settimane e grosso modo 20-30mila in tutta la Liguria. Questa è la stima del ministero e, se la situazione rimarrà questa, c’è la ragionevole certezza che riusciremo a far fronte all’emergenza”. A riportare le ultime previsioni numeriche sull’arrivo di profughi dall’Ucraina è Mario Baroni, consigliere comunale delegato alle Politiche sociali, che in questi giorni mantiene stretti contatti con la Prefettura, la Protezione civile e le realtà del terzo settore che presto avranno un ruolo determinante per assistere i rifugiati da ogni punto di vista.
Per ora la maggior parte dei profughi giunti a Genova ha trovato ospitalità presso parenti e amici. Circa 80 persone sordomute arrivate tramite un’associazione internazionale sono attualmente ospitate in albergo a spese del Comune di Genova in attesa di reperire una sistemazione a lungo termine. Altri sono stati intercettati dalla Caritas diocesana e dalla rete delle parrocchie che hanno messo a disposizione canoniche e appartamenti. Al momento, insomma, non si può parlare di una vera emergenza e la macchina non è ancora entrata a pieno regime.
“Oggi scade il bando della Prefettura per l’attivazione di nuovi Cas, non sappiamo ancora quanti parteciperanno – spiega Baroni -. Il Comune può offrire strutture pubbliche di Protezione civile e stiamo facendo il riepilogo delle disponibilità per quanto riguarda le case popolari, ma ci sono diversi alloggi che devono essere ancora attrezzati. Si tratta anche di trovare le risorse economiche per farlo”. Tra le possibili soluzioni anche l’ex palazzina delle infermiere all’interno dell’ex ospedale psichiatrico di Quarto, già usata per gli sfollati del ponte Morandi con 40 appartamenti di diverse metrature, di proprietà di Cdp. “Una grande risposta sta arrivando dai privati – continua il consigliere – ma molti danno una disponibilità limitata a uno o due mesi mentre l’emergenza durerà almeno un anno”.
Per adesso le uniche abitazioni reperite con certezza sono i 114 alloggi popolari reperiti dalla Regione attraverso le Arte provinciali, peraltro non tutti immediatamente attivabili. Il bando della Prefettura di Genova era per 250 posti complessivi. Siamo ben lontani dall’ordine delle migliaia, ma nonostante questo le previsioni sono ottimistiche: “Se i numeri saranno quelli preventivati dal ministero non la vivremo come un’invasione – prosegue Baroni – e riusciremo a far fronte senza drammi anche agli aspetti sanitari, scolastici e di inserimento sociale. Se le cose prenderanno una piega diversa dovremo valutare di volta in volta. In questo momento la situazione preoccupa tutti ma siamo positivi, la risposta è grande e come istituzioni non ci sentiamo solo. Anzi, dobbiamo governare la generosità per evitare che diventi anarchica”.
Ci sono poi 175 posti nelle due residenze ex Covid nuovamente riconvertite dalla Regione, la Santa Dorotea a Genova e la Riviera a Savona, ma si tratta di sistemazioni temporanee che per ora non sono ancora state utilizzate. “Il vero problema, per queste strutture ma anche per eventuali alberghi che dovessero essere trasformati in Cas, non è la disponibilità ma la gestione – puntualizza ancora Baroni -. A quel punto dovrà subentrare il terzo settore con associazioni e cooperative che potranno mettere in campo tutti i servizi necessari, dal supporto psicologico all’inserimento scolastico alle esigenze quotidiane”.
Stesso discorso varrà per chi arriverà in maniera autonoma. La comunità ucraina a Genova conta 2.245 persone (la maggior parte donne, 1.840) e si prevede che molti di loro possano farsi carico di ospitare persone con cui hanno già rapporti, ma alla fine anche loro dovranno essere assistiti in attesa di trovare una nuova fonte di reddito e probabilmente costruirsi una nuova vita – magari temporanea, magari definitiva – lontano dall’Ucraina.