Scenario

Se compiere 18 anni è un incubo, sempre più minori stranieri fuori dall’accoglienza appena maggiorenni

Lo stesso Viminale invita le strutture a prolungare di almeno sei mesi i percorsi di integrazione ma accade sempre più raramente. A Genova oggi 544 migranti-ragazzini e solo 80 tutori

Generico gennaio 2024

Genova. Per molti ragazzi e ragazze genovesi il giorno del proprio diciottesimo compleanno è un momento atteso con trepidazione e grandi speranze, che si tratti di poter guidare un’automobile, di decidere teoricamente che cosa fare della propria vita o semplicemente di organizzare una grande festa con gli amici. Per molti ragazze e ragazze che a Genova si trovano, ma da lontano arrivano – almeno 544 i minori stranieri non accompagnati registrati dalle strutture cittadine – quel giorno è invece sinonimo di incubo.

Sì perché per quei giovani, giovanissimi migranti, il compimento del 18esimo anno e l’ingresso nella cosiddetta età adulta significa rischiare di essere messi alla porta per sempre dalle strutture che si sono occupati di accoglierli dal loro arrivo sul territorio nazionale.

Questa dinamica, ovvero il fatto che i migranti “18enni + un giorno” perdano il diritto a un letto e a un percorso di integrazione sociale ed educativa perché gli enti pubblici e del terzo settore devono “fare posto” ad altri minori, è un fenomeno che rischia di diventare sempre più diffuso. Lo ha denunciato questa mattina, durante la commissione consiliare in Comune a Genova, Francesca Civita, di Defence For Children, associazione con sede nel capoluogo ligure e che si occupa anche di supporto legale ai minori stranieri, anche se da tempo non è inclusa nella rete che collabora con l’amministrazione civica.

“Le disposizioni del Viminale – ha detto, intervenendo come audita alla commissione – dicono che le strutture dovrebbero fare il possibile per garantire la permanenza dei neomaggiorenni altri sei mesi dopo il 18esimo compleanno, questo per consentire loro un graduale inserimento della società adulta e per trovare reti di supporto alternativo, invece sono sempre di più i ragazzi che si trovano letteralmente per strada“.

Pippo Costella, direttore di Defence For Children, aggiunge che l’associazione scriverà al sistema Sai, il servizio centrale dell’accoglienza immigrati, per segnalare quella che definisce un’anomalia genovese. “Qui si tratta di violazione dei diritti della persona – dice – e di chiudere gli occhi di fronte alle conseguenze, cosa pensate che farà un 18enne proveniente da un altro Paese, senza competenze, senza strumenti, senza una casa? E’ molto probabile che finisca nel primo giro poco pulito ma che gli garantirà soldi e alloggio. O nella migliore delle ipotesi si troverà a essere ospitato in strutture d’emergenza per senza fissa dimora, in una logica totalmente assistenziale, senza un percorso di crescita o di inclusione lavorativa o scolastica”.

Quello che è emerso, ancora una volta, dalla commissione consiliare di oggi è che nonostante gli sforzi e le professionalità in campo l’organizzazione dell’accoglienza dei minori è ancora insufficiente sebbene di fronte a numeri che registrano un lieve calo rispetto all’anno scorso: l’assessora al Sociale Lorenza Rosso ha parlato di 544 ospiti delle strutture, di cui 186 nei posti Sai finanziati dallo Stato e il resto nei centri accreditati con il Comune, mentre alla fine del 2023 i minori stranieri non accompagnati erano 582 e circa 600 l’estate precedente.

“Si parla di emergenza – dichiara Costella di Defence For Children – ma il fenomeno non è straordinario, è cronico, noi crediamo che 600 ragazzi siano pochi, non molti, su un territorio vasto come quello genovese. Crediamo che tutto stia nella volontà di uscire da questo tipo di logica, sia da parte del Comune, il cui unico risultato negli ultimi anni è stato redigere un regolamento per regolare la vita dei ragazzi e degli educatori nei centri di accoglienza, sia da parte del governo, naturalmente”.

Durante la commissione, tra gli aspetti più critici, c’è stato anche quello del follow up dei minori stranieri non accompagnati con problemi psichici o di dipendenze, fattori spesso correlati e motivati dalle esperienze di vita tragiche di questi giovani. Sia il servizio dell’Asl 3 sia i responsabili delle varie strutture hanno auspicato che si creino e si rafforzino percorsi dedicati a questa tipologia di pazienti, più fragili degli adolescenti problematici “italiani”.

Un altro problema è rappresentato dalla scarsa adesione da parte dei cittadini genovesi (e liguri) al programma di formazione per tutori volontari dei minori stranieri non accompagnati, una figura istituita con la legge Zampa e che ha il compito di fornire supporto amministrativo, pratico e psicologico ai tanti – sempre di più, e destinati a crescere ancora, complice il tragico scenario geopolitico attuale – minori stranieri non accompagnati che arrivano nella nostra regione.

A Genova sono, a oggi, soltanto 80 nonostante lo sforzo di Regione Liguria e Comune di Genova nell’organizzare e promuovere corsi di formazione e campagne di adesione. Il garante per i diritti dell’infanzia del Comune, Francesco Mazza Galanti, ha sottolineato come sia importante la collaborazione dei municipi per fare sapere ai genovesi che esiste questa possibilità. L’impressione è che si tratti di uno sforzo molto difficile da far accettare ai cittadini visto anche come il tema dei minori stranieri sia spesso declinato sul fronte degli episodi di microcriminalità o della violenza.

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