Il processo

Ponte Morandi, dopo cinque anni le assicurazioni chiudono il contenzioso e versano ad Aspi 29 milioni su 300 per il crollo

Lo ha detto in aula Umberto Vallarino, dal 2005 direttore finanziario di Aspi, Atlantia e ora della nuova compagine di Autostrade per l'Italia, la cui testimonianza ha lasciato alcuni interrogativi a giudici e pm

Crollato ponte Morandi a Genova

Genova. Il consorzio di assicurazioni con a capo la svizzera Swiss Re hanno pagato ad Aspi, grazie a una transazione per chiudere il contenzioso pendente da quasi 5 anni, 29 milioni di euro di rimborso per il crollo del ponte Morandi. Circa un decimo quindi rispetto ai 300 milioni di risarcimento previsti sulla polizza assicurativa ‘all risk’ sottoscritta da Aspi nel 2016 e che le assicurazioni fino ad oggi non avevano voluto pagare sostenendo che Aspi le avesse tenute all’oscuro delle condizioni in cui versava il viadotto crollato il 14 agosto 2018 in cui persero la vita 43 persone. A informare il tribunale dall’avvenuta transazione, che chiude il contenzioso civile, è stato oggi il teste Umberto Vallarino, dal 2005 direttore finanziario di Autostrade e di Atlantia e oggi della nuova compagine a maggioranza pubblica Autostrade per l’Italia, che è tornato in aula a Genova nell’ambito del processo per il crollo.

La cifra pagata dal consorzio delle assicurazioni corrisponde suppergiù ai costi di demolizione del Morandi “che sono costati 30 milioni” ha detto Vallarino.

La testimonianza del supermanager di Autostrade ha lasciato ancora una volta diversi dubbi nel collegio e nella Procura. Vallarino oggi ha ribadito che “era stato lui a inserire il viadotto Polcevera nelle opere nominate e lo aveva fatto perché pur non essendo un’opera tra le più grandi che erano state fin da subito ad essere inserite nell’elenco ‘nominativo’ delle opere su cui ottenere un risarcimento maggiore (da 100 a 300 milioni in caso di crollo). “L’ho fatto perché aveva caratteristiche peculiari tali, soprattutto in termini di costi di demolizione e ricostruzione che era opportuno finisse tra le opere con il risarcimento più alto in caso di evento catastrofale, come un terremoto, un’alluvione o un attentato terroristico visto che fra l’altro nel 2016 c’era stato l’attentato a Nizza” ha detto.

“Ma la polizza parlava chiaro – ha ribadito Vallarino in aula – ed escludeva il risarcimento in caso di crollo per carenza di manutenzione o difetti materiali di costruzione e progettazione. Avevo detto chiaramente già all’indomani del crollo in una riunioneche le assicurazioni non avrebbero pagato se la causa del crollo fosse risultata una di queste”.

Dopo il crollo infatti le assicurazioni prima avevano chiesto con una lettera formale l’annullamento tout cour della polizza, perché come hanno spiegato gli stessi assicuratori in aula circa un mese fa, le compagnie assicurative sostenevano di non essere state informate delle condizioni del ponte. Poi però dopo essere state citate in giudizio da Aspi che aveva chiesto un “anticipo” sulla polizza da 300 milioni è cominciata la vertenza che si è conclusa con la transazione da 29 milioni, probabilmente per evitare una causa decennale. Briciole rispetto a quanto richiesto da Aspi, ma comunque qualcosa che, se è vero quanto sostiene Vallarino, vale a dire che la polizza sul Morandi non copriva le responsabilità circa la condizione del ponte, non avrebbero dovuto essere versate.

Ma le transazioni tra aziende evidentemente corrono su un binario diverso da quello processuale, dove se è vero che le responsabilità individuali per il crollo devono ancora essere accertate in dibattimento, le molteplici cause della tragedia in cui hanno perso la vita 43 persone, vale a dire la mancanza di un’adeguata manutenzione unita a un difetto nella costruzione del viadotto che ha portato alla sua progressiva corrosione, sono state messe nero su bianco dai periti già nell’incidente probatorio.

Un altro aspetto della testimonianza di Vallarino ha suscitato diverse perplessità. In un documento dell’11 novembre dove Vallarino illustra al cda di Aspi il rinnovo della polizza, spiega che nel corso dei mesi di maggio e luglio 2016 sono state effettuate da Swiss Re delle “Surwey tecniche” (in pratica sono ispezioni in loco da parte degli assicuratori per visionare il bene assicurato oppure ispezioni ‘documentali’ sulla base di quanto fornito dall’assicurato), che si sono svolte “attraverso confronti operativi con i tecnici della direzione di esercizio di Spea, focalizzate sui miglioramenti operati da Aspi sulle proprie infrastrutture dedicate alle sicurezza e alla sorveglianza nonché alla manutenzione straordinaria delle opere d’arte, ad esempio il viadotto Polcevera…”

Anzitutto, come è emerso da diverse testimonianze, compresa quella di Marie Lusardi dell’ufficio legale di Swiss Re che ha ta testimonianto oggi in aula, “non ci sono state survey tecniche sul Morandi”, quindi quell’aggiunta del Polcevera, che nel 2016 non è stato affatto oggetto di manutenzione straordinaria, è chiaramente fuorviante.

“Non ho mentito, quello che c’è scritto è vero – ha detto più volte il direttore finanziario di Autostrade alle ripetute richieste di chiarimento sul punto da parte di pm e giudici – per survey io intendevo incontri e anche se questi non hanno riguardato il Morandi, l’ho aggiunto perché mi ricordavo che era stato installato un carroponte per alcuni lavori”.

Da ricordare, per quanto riguarda il rapporto con le assicurazioni che, se il contenzioso sulla polizza all risk si è chiuso solo dopo cinque anni con una cifra pari a un decimo del risarcimento previsto dalla polizza originaria, le assicurazioni avevano invece pagato immediatamente la seconda polizza, quella RCT, vale a dire quella per i danni a terze persone: nel caso del Morandi, su un massimale di 50 milioni di euro le assicurazioni avevano versato 37 milioni con i quali Aspi ha pagato il risarcimento dei parenti delle vittime.

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