Swiss re

Ponte Morandi, la compagnia di assicurazioni: “Non abbiamo pagato il risarcimento perché Aspi non ci disse la verità sulle condizioni del viadotto”

Dei 350 milioni di copertura totale, la Swiss Re ne ha pagati meno di 40 e solo per i risarcimenti a terzi. E due anni prima del crollo autostrade aveva chiesto e ottenuto di triplicare il risarcimento in caso di evento catastrofico

zona rossa ponte morandi

Genova. Il ponte Morandi alla fine del 2016, quindi a meno di due anni dal crollo, nell’ambito della doppia polizza assicurativa che Aspi aveva con il gruppo Swiss venne fatto inserire da Autostrade nell’elenco delle cosiddette opere ‘nominate’ in modo da avere una copertura assicurativa ‘all risk’ (quindi per danni diretti e indiretti) che saliva da 100 a 300 milioni di euro.

Ma gli assicuratori, come hanno spiegato i testimoni della compagnia assicurativa di Zurigo oggi sentiti in aula, non avevano idea delle condizioni in cui fosse il ponte Morandi, né sapevano che nel 2013 fosse stato inserito, come unica opera specifica inserita nel ‘catalogo rischi’ dell’azienda come “a rischio crollo” e addirittura “a rischio crollo per ritardata manutenzione”.

“Se lo avessimo saputo – ha detto Luca Kovatsch, fino al 2019 responsabile Swiss per l’Italia – sicuramente avremmo disdetto la polizza. Non sapevamo nulla del catalogo rischi, non ci dissero nulla”.

Dopo il crollo del Morandi la compagnia ha pagato meno di 40 milioni di euro (37 per l’esattezza sui 50 di massimale, ndr) solo per la parte di di copertura assicurazione Rct (la responsabilità civile verso terzi, quindi il risarcimento per le vittime e i famigliari) mentre per tutta la parte property, vale a dire la polizza all risk che avrebbe dovuto coprire il bene assicurato, il mancato guadagno, il lucro cessante ecc… la Swiss Re non ha pagato i 300 milioni e la causa con Aspi è tutt’ora in corso.

“Non abbiamo pagato la property perché il rischio non era stato descritto correttamente in base a quanto previsto dal codice civile – ha spiegato Kovatsch – cioè i problemi strutturali del Morandi non erano stati evidenziati in modo corretto come la diligenza del buon assicurato avrebbe dovuto fare”.

Il teste ha anche spiegato al collegio che Aspi per assicurare la rete autostradale in gestione pagava complessivamente circa 5 milioni all’anno di cui 2 per la polizza rischio danni a terzi.

I sinistri sotto il milione di euro però li gestiva in proprio e non tramite una compagnia assicurazione esterna come ha spiegato in aula Paolo Lionetti che in questa sorta di piccola compagnia di assicurazioni interna all’azienda ha lavorato dal 2002. Quanti erano questi sinistri ‘minori’? ha chiesto l’avvocato di parte civile Luca Cesareo. “Circa 5 mila l’anno a livello nazionale di cui 600-700 sul primo tronco. In questo modo da un lato si abbassa il premio assicurativo ma avendo anche meno sinistri per l’assicurazione si risulta agli occhi dell’assicurazione un cliente migliore”

Per quanto riguarda le opere affidate all’’assicurazione esterna, la Swiss dal 2012, Lionetti ha spiegato che la lista delle cosiddette opere ‘nominate’ derivava sostanzialmente da un calcolo che sommava il costo della ricostruzione dell’opera a quello del danno subito per esempio in termini di mancato guadagno per i pedaggi. Le opere che con questo calcolo ‘costavano’ oltre i 90-100 milioni di euro finivano nell’elenco delle nominate, con un risarcimento assicurativo fino a un massimo di 300 milioni, contro i 100 milioni di quelle non ricomprese nell’elenco.

Invece, ha chiarito che le condizioni di un’opera o la vetustità “non influivano nell’’inserimento in questo elenco perché “in ambito assicurativo si ragiona in termini di eventi esterni soprattutto, come terremoti, alluvioni.

Però, appunto il ponte Morandi, che era sempre stato nell’elenco delle opere non nominate, improvvisamente alla fine del 2016 viene fatto inserire da Aspi in quelle nominate, quindi con un risarcimento non più di 100 milioni ma di 300. “Me lo fece inserire il mio superiore Umberto Vallarino, ma non mi spiegò perché e sinceramente non l’ho mai capito. Glielo chiesi anche, ma non mi rispose anche forse perché i nostri rapporti lavorativi non erano buoni”.

L’esame del teste Vallarino è cominciato nel pomeriggio di oggi ma proseguirà in altra udienza. Troppi i chiarimenti che per la procura non sono stati così esaustivi e hanno indotto anche il presidente del collegio a chiedere spiegazioni.

Umberto Vallarino, dal 2005 direttore finanziario di Autostrade e di Atlantia e oggi della nuova compagine Autostrade per l’Italia, sentito dal pm Terrile aveva detto di essere stato lui ad aver inserito nel 2016 il Morandi nell’elenco delle infrastrutture ‘nominate’ quelle con il più alto risarcimento: “L’ho fatto perché da ligure e utente del ponte avevo capito l’importanza dell’infrastruttura per l’economia della Regione e anche per il portafoglio della società”. Di fatto nel 2016 però il Morandi è l’unica infrastruttura che viene aggiunta all’elenco degli 81 beni ‘nominati’ insieme alla Variante di valico appena realizzata e dal valore chiaramente ben superiore al viadotto Polcevera.

Oggi in parte ha modificato quanto detto al pm in fase di indagini adducendo spiegazioni complesse e contorte (almeno per i non addetti ai lavori) sul ricorso terzi vale a dire i danni indiretti a società esterne ad Aspi il cui massimale era stato aumentato a 25 milioni di euro, ma questo, come è stato fatto notare dal pm, “valeva per tutte le opere e non solo per il Polcevera”.

Più informazioni

Per favore, disabilita AdBlock per continuare a leggere.

Genova24 è un quotidiano online gratuito che non riceve finanziamenti pubblici: l’unica fonte di sostegno del nostro lavoro è rappresentata dalle inserzioni pubblicitarie, che ci permettono di esistere e di coprire i costi di gestione e del personale.
Per visualizzare i nostri contenuti, scritti e prodotti da giornalisti a tempo pieno, non chiediamo e non chiederemo mai un pagamento: in cambio, però, vi preghiamo di accettare la presenza dei banner, per consentire a Genova24 di restare un giornale gratuito.