Sestri ponente

Genova, blitz dei precari delle Poste: “Anche la nostra pazienza è a tempo determinato”

Ritmi di lavoro massacranti, ferie negate, contratti dai 20 giorni a qualche mese per un massimo di 24: "spremuti e buttati con scadenza prefissata"

Genova. “Anche la nostra pazienza è a tempo determinato. Basta precariato”, lo striscione dei precari di Poste Italiane è comparso stanotte sulla cancellata del Centro Meccanizzazione Postale di Sestri Ponente, a Genova, per denunciare “l’inaccettabile condizione di precarietà che ci viene imposta e a cui devono sottostare migliaia di lavoratori in tutta Italia”.

“L’azienda, utilizzando in termini ulteriormente peggiorativi i dettami del JobsAct renziano, non solo utilizza i precari per carenze strutturali dell’azienda che andrebbero sopperite con assunzioni a tempo indeterminato, ma impone condizioni di ricatto continue con le quali pretende ritmi e carichi di lavoro al di fuori di ogni minimo accordo sindacale”, spiegano i lavoratori precari in una nota.

Le condizioni erano già peggiorate con la privatizzazione in corso d’opera, la riorganizzazione del recapito a giorni alterni e il continuo taglio del personale. A cui si aggiungono “estensione delle zone di recapito che rendono impossibile il completamento di lavoro entro l’orario stabilito; ritmi di lavoro massacranti; pause pranzo negate; mezzi e strumentazioni insufficienti, obsoleti e malfunzionanti”.

La precarietà, poi, peggiora il tutto. “Non esistono limiti allo straordinario e all’abbinamento – denunciano i lavoratori – molte lavorazioni extra non vengono retribuite; ci vengono negate le ferie; ci vengono negati i minimi standard di sicurezza sul lavoro”. I contratti possono andare dai 20 giorni a qualche mese (raramente più di 4) per un massimo di 24 mesi, “per impedire ricorsi e sostituirci con nuovi precari che svolgano le stesse nostre mansioni che il più delle volte dovrebbero invece essere affidate ad un lavoratore a tempo indeterminato, imponendo così un generale blocco del turn-over degli assunti stabilmente e rendendo strutturale una carenza di organico”.

Spremuti e buttati con scadenza prefissata – sottolineano – in un progetto di smantellamento del settore che si vuole privatizzare e colpire i diritti sul lavoro e quelli sindacali. Noi non ci stiamo. Pretendiamo una graduatoria e un meccanismo che garantisca assunzioni a tempo indeterminato, pretendiamo il rispetto dei nostri diritti e la possibilità di avere un futuro, ed un presente, lavorativo dignitoso”.

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