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Madama Butterfly al Teatro Carlo Felice, la recensione fotogallery

Le impressioni al debutto dell'opera di Puccini al Teatro Carlo Felice

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Genova. Applausi calorosi alla prima della Madama Butterfly in scena sino al 20 giugno al Teatro Carlo Felice di Genova. L’opera pucciniana ambientata in Giappone (qui tutte le notizie su trama e cast) è piaciuta al pubblico genovese.

Lo diciamo subito, gli aspetti più interessanti di questo allestimento del Teatro Astana sono davanti agli occhi: scenografia (Enzo Frigerio) e costumi (Francia Squarciapino) colpiscono lo spettatore, facendolo immergere nell’atmosfera giapponese al pari delle musiche di Puccini, che sono state studiate per evocare i suoni dell’Estremo Oriente.

Una struttura sospesa sull’acqua, con il riflesso che diventa parte integrante dell’opera. Pannelli scorrevoli che si aprono su un panorama nascosto in parte da una collina verde sulla cui sommità si può arrivare percorrendo un vialetto in roccia tipicamente giapponese, mentre sullo sfondo si vede un torii (il tipico portale che delimita un’area sacra). Sarà lì che Cio Cio San trascorre la notte in attesa che Pinkerton, assente ormai da tre anni, torni da lei. Un allestimento per gli amanti della tradizione e delle atmosfere più tipiche della Butterfly.

La regia di Lorenzo Amato (figlio di Giuliano, già presidente del Consiglio, presente in sala) ha proposto spunti interessanti, con una Cio Cio San che, da giovanissima e ingenua sposa, si trasforma nel secondo atto, cercando di diventare la perfetta moglie americana, dopo aver ripudiato la propria cultura e per questo rinnegata da tutti. La troviamo con addosso abiti occidentali e gli interni di casa arredati con poltrone e piantane. Tuttavia, non appena scopre che la nave di Pinkerton è tornata in porto, preferisce accoglierlo rimettendo la veste tradizionale con cui ha trascorso la prima notte di nozze. Qualche segno però delle difficoltà emotive che sta attraversando, nonostante la granitica certezza che lui tornerà da lei, lo vediamo per esempio da come sono sfioriti i ciliegi nei vasi che arredano casa.

È un personaggio complesso Cio Cio San, anche da cantare, visto che resta in scena per quasi tutta l’opera e deve saper trasformarsi da giovane ingenua, a madre ed eroina tragica, comunicando tutta l’intensità emotiva dello scoprire di aver vissuto un’illusione. Maria Teresa Leva è stata, a nostro parere, più efficace e “nella parte” nel  secondo atto, quando il crescendo del dramma ha avvinto il numeroso pubblico e richiedeva una maggiore intensità rispetto alla leggerezza da usignolo del primo atto.

In ogni caso tutto il cast è stato all’altezza della situazione. Stefan Pop è stato un Pinkerton “imponente”. Nessuno sforzo quando era richiesta la potenza, meno a suo agio in altri frangenti, ma era al debutto del ruolo. Applausi anche per Raffaella Lupinacci (Suzuki, la fida servitrice di Cio Cio San), Stefano Antonucci (Sharpless), Didier Pieri (un Goro davvero convincente), John Paul Huckle (Lo zio Bonzo) e Yamadori (Claudio Ottino).

Se proprio dovessimo trovare il punto debole, ma è solo in questo caso un gusto personale, è nell’evocazione dei grattacieli americani sullo sfondo, che compaiono proprio nell’attesa dell’amato.

 

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