In cassazione

Uccise il figlio di tre anni e la madre facendone a pezzi il corpo: Giulia Stanganini condannata definitivamente a 27 anni di carcere fotogallery

Riconosciuta la seminfermità mentale. Tra il tempo già trascorso in carcere e gli ulteriori 'bonus' per buona condotta resterà in cella altri 15 anni. Poi andrà in una Rems per essere curata

Marassi, taglia a pezzi il cadavere della madre

Genova. E’ stata condannata in via definitiva dalla Cassazione a 27 anni di carcere Giulia Stanganini. La donna, oggi 41enne, nel novembre 2019 aveva ammazzato il figlioletto di 3 anni e, pochi mesi dopo, la madre, depezzandone il corpo.

In primo grado la donna era stata condannata all’ergastolo, ma un nuova perizia psichiatrica disposta dalla Corte d’appello di Genova aveva definitivamente stabilito la seminfermità di mente e il conseguente sconto di pena Giulia Stanganini. La Cassazione, rigettando il ricorso della Procura e quello della difesa ha fissato in 15 anni di reclusione l’omicidio della madre, la distruzione del cadavere ma anche i maltrattamenti nei confronti della donna e in 12 anni l’assassinio del figlio più piccolo, soffocato con un cuscino. La donna ha sempre negato entrambi gli omicidi

La donna era già stata sottoposta a due precedenti perizie psichiatriche entrambe svolte nella fase delle indagini avevano avuto esiti, contrastanti.

Nel corso del primo incidente probatorio, disposto solo per l’omicidio della madre e il cadavere fatto a pezzi la donna era stata dichiarata del tutto incapace di intendere e di volere. Quando era stata disposta la perizia sull’omicidio del figlio invece il perito del gip aveva detto che la donna era capace di intendere e di volere: il secondo perito aveva anche rivalutato la precedenza perizia e aveva detto che la donna era completamente capace di intendere al momento dell’uccisione delle madre ma era stata dichiarata seminferma nella fase successiva, quella del terribile depezzamento del cadavere, avvenuto alcuni giorni dopo. In ogni caso nel giudizio di primo grado neppure di questa seminfermità per uno dei tre fatti imputati era stato tenuto conto dai giudici che l’avevano perciò, senza sconto di pena, condannata all’ergastolo.

Le indagini della squadra mobile, coordinate dai sostituti procuratori Stefano Puppo e Sabrina Monteverde, erano partite il 24 aprile del 2020, quando Stanganini era andata in Questura spiegando di aver fatto a pezzi il corpo della madre, Loredana Stupazzoni, trovata qualche giorno prima impiccata nell’abitazione che le due donne condividevano in via Bertuccioni, a Marassi.

La polizia non le aveva creduto, l’aveva arrestata per aver smembrato il cadavere e indagata per omicidio. Neanche un anno dopo, in carcere le era stata notificata una nuova ordinanza di custodia, con l’accusa di aver assassinato il figlio Adam, neppure 3 anni, il 22 novembre 2019 nella loro casa di via Berghini, a San Fruttuoso. Era stata la stessa donna a confessare l’omicidio a una compagna di cella. Stupazzoni, 63 anni, aveva accolto in casa la figlia Giuliana Stanganini proprio in seguito alla morte di Adam.

Una morte, inizialmente etichettata come una disgrazia, ma la madre di Giuliana aveva dei sospetti sulla figlia. Per questo le due donne litigavano spesso e la63enne, per tre volte, aveva chiamato il 112 per chiedere aiuto e in un’occasione si era rifugiata dall’ex marito. Il padre del piccolo Adam aveva raccontato ai poliziotti che una volta l’ex compagna aveva messo le mani al collo della madre e in un’ altra occasione l’aveva ferita con delle forbici. Stanganini inoltre, alla madre, rubava la pensione. Secondo quanto ricostruito invece il piccolo Adam sarebbe stato ucciso perché la madre non ne sopportava il pianto e, come aveva scritto il giudice Riccardo Ghio, Stanganini era “inadeguata” rispetto ai compiti della maternità, basti pensare che il bimbo a quasi tre anni veniva nutrito quasi completamente a omogeneizzati e talvolta veniva messo a dormire legato al passeggino.

Analizzando le ricerche fatte online da Stanganini, gli investigatori avevano trovato frasi come “madri che uccidono i figli” e “come uccidere un bambino”. Il piccolo poi era stato soffocato, probabilmente con un cuscino.

Dopo aver terminato di scontare la condanna in carcere, (tra la precedente detenzione e gli sconti di pena collegati dovrebbe restare in carcere per altri 15 anni e mezzo), dovrà scontare un periodo di almeno tre anni in una Rems (residenza per l’esecuzione di misure di sicurezza), come tutti i condannati giudicati seminfermi e socialmente pericolosi

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