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Le cave non bastano, Regione Liguria alla ricerca di nuovi siti. Nasce il tavolo con Anci e Confindustria

La ricerca è stata affidata ai geologi dell'Università di Genova: negli ultimi quattro anni richiesta cresciuta del 60%

cava castellaro crevasco

Genova. L’attività estrattiva sta vivendo una nuova stagione di prosperità, spinta da una rinnovata richiesta di materia prima per “sfamare” i tanti cantieri, giganti, grandi e piccoli, che affollano la nostra regione. Per questo motivo, Regione Liguria ha commissionato una ricerca alla facoltà di geologia dell’Università degli Studi di Genova per trovare nuovi siti da sfruttare come cave nelle zone meno vincolate e fragili del territorio.

Questo è quanto è emerso questo pomeriggio dall’incontro tenutosi nella sede di Regione Liguria dove è stato sottoscritto un protocollo di intesa tra l’ente regionale, rappresentato dall’assessore Marco Scajola, Anci e Confindustria Genova: un accordo pensato per la costituzione di un tavolo interistituzionale di confronto in materia di attività estrattiva finalizzato ad individuare le problematiche tecniche e amministrative, costruire un help desk per gli enti e gli operatori, predisporre proposte formative per gli addetti del settore, elaborare buone prassi amministrative e ambientali per essere il meno impattanti possibile.

I numeri parlano chiaro: nell’ultimo biennio la richiesta di materiale da cava è aumentato del 30%, e del 60% rispetto a quattro anni fa. Un crescita spinta dalle necessità del settore edilizio e soprattutto delle grandi opere, che richiedono una grandissima quantità di inermi per la produzione essenzialmente del calcestruzzo. Ma non solo: anche la produzione dei massi da scogliera è aumentata vertiginosamente, con un +70% rispetto allo scorso biennio. In questo caso ad alimentare questo settore è la stagione di opere a mare di messa in sicurezza dei litorali, che sempre più spesso prevedono la realizzazione di barriere soffolte e scogliere di rinforzo a moli o falesie.

cava montanasco val bisagno smarino

Il recentemente è stato riorganizzato con l’ultimo Piano Cave di Regione Liguria, pubblicato nel 2020 che ha “fatto ordine” su tutto il comparto, accelerando le procedure di dismissione e riqualificazione ambientale dei siti dismessi, procedendo ad un ricalcolo delle stime di produzione delle coltivazioni e riorganizzando le attività connesse a questi spazi, sempre più utilizzati anche come siti di stoccaggio per le terre da scavo dei grandi cantieri. Un esempio su tutti la Cava Montanasco a Molassana la cui attività estrattiva è stata “congelata” per permettere lo stoccaggio delle terre di scavo dei cantieri del nodo ferroviario e dello scolmatore.

“Ci aspettiamo una domanda forte nei prossimi anni – ha commentato l’assessore Scajola – ed è per questo che abbiamo pensato a questo tavolo tecnico che ha nei suoi intenti quello di dare vita ad una vera e propria filiera, coordinando enti e imprese”. Imprese che in questo settore contano oltre 2mila addetti. Secondo le stime, già in parte previste dal PTrac del 2020, gli attuali siti estrattivi presenti oggi in Liguria non saranno sufficienti per il fabbisogno ligure di inerti. E da qui la necessità di arrivare entro il 2030 – anno ipotizzato per riaggiornare il piano – con nuove cave. Dove saranno queste prossime cave ancora è prematuro dirlo, ma il dato è che “serviranno assolutamente“.

firma tavolo cave

Fuori da questa discussione la questione legata al Beigua e al suo famoso titanio: in questo caso si parlerebbe di attività mineraria, materia considerata strategica dal presente governo e da quello precedente, sul dettato dell’Unione Europea, che nelle ricerca delle terre rare ha fondato parte del suo piano di “indipendenza produttiva” a seguito degli sconvolgimenti geopolitici di questi mesi.

Nel frattempo anche il settore dell’ardesia ha riguadagnato una fetta di mercato importante, seppur locale: dopo la caduta libera degli anni 90 – coincisa con la fine dell’utilizzo per i tavoli da bigliardo e per lavagne didattiche, due oggetti che garantivano una grossa richiesta internazionale – oggi la pietra nera ligure per eccellenza è tornata in auge sia per l’edilizia conservativa e di pregio, sia per l’oggettistica e il design. E infatti alcune cave dismesse potrebbero riaprire prossimamente.

“Con questo protocollo Regione Liguria vuole mettersi a disposizione per dare il proprio contributo in termini di competenze da un lato a chi opera in un settore strategico come quello delle cave, da cui passano le importanti opere che realizzeremo da qui ai prossimi anni, dall’altro ai piccoli Comuni che spesso hanno difficoltà nella gestione delle cave – dichiara l’assessore Scajola -. Questo tavolo di confronto ci consentirà di esaminare le problematiche che si verificano con maggiore frequenza elaborando, di conseguenza, buone prassi e linee guida valide sia per gli esercenti di cava sia per i tecnici degli sportelli Suap comunali (Sportello Unico delle attività produttive) bisognosi di supporto”

“Le attività estrattive costituiscono da sempre occasione di sviluppo e occupazione, ma possono rappresentare anche fonte di preoccupazione per la tutela ambientale dei territori – afferma il direttore di Anci Liguria Pierluigi Vinai – Grazie a questo tavolo interistituzionale con Regione avremo modo di confrontarci e cooperare allo sviluppo di buone pratiche a supporto dei Comuni”.

“Il tavolo interistituzionale in materia di attività estrattive, costituito anche con Anci Liguria – osserva Giovanni Mondini, presidente di Confindustria Liguria -, consentirà un confronto costruttivo sulle problematiche tecniche e amministrative che ricorrono più frequentemente, con l’obiettivo di fornire chiarimenti e supporto agli operatori e ai progettisti del settore, anche attraverso proposte formative mirate. Sarà inoltre il contesto all’interno del quale elaborare buone prassi ambientali, in tema di risorse energetiche rinnovabili e di recupero e riciclo dei materiali lapidei di scarto e di quelli derivanti da demolizione, e di sicurezza sul lavoro”.

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