Genova. Un po’ di tempo fa, quattro anni per la precisione, le guardie zoofile ENPA fecero una importante e sofisticata indagine su tutto il territorio per reperire (acquistando) diversi capi di abbigliamento muniti di pellicce che sembravano coniglio (lapin) o marmotta. Fu un lavoro da certosini, si legge sul sito dell’Enpa, perché, grazie alla loro “intuizione”, 7 dei 10 capi comprati risultarono muniti di colli di pelliccia di cani e gatti domestici (non coyote, non lapin, nonvolpe ecc.).
Le analisi furono eseguite da un laboratorio, riconosciuto dal ministero, specializzato in genealogia proprio di cani e gatti, in grado cioè di riconoscere se il pelo è non solo di canide (es. cane familiaris, volpe e lupo) ma andando oltre, insomma riconoscendo se è cane o gatto familiare. “Ovviamente è un istituto privato e pertanto abbiamo versato fior di fatture (ringrazieremo sempre alcuni dei nostri Soci che ci hanno aiutato) – dichiara l’Enpa genovese – Bene, abbiamo in mano un reato previsto dalla norma che modifica il Codice Penale e prevede che sia penale la vendita di pelli di cani e gatti. Chiedemmo aiuto ai NOE (Carabinieri Nucleo Ecologico) perché era necessario fare indagini presso gli esportatori e sartorie che avevano vendute le pelli ed eseguito i capi, poi acquistati dai negozianti, e da noi comprati, con sedi in altre Regioni d’Italia”.
“A questo punto speravamo di poter essere il faro per altre situazioni in altre zone italiane e invece – concludono – Volete sapere come è finita? La Procura di Genova ha archiviato!”.