Il processo

Presunte estorsioni al Genoa, la Procura chiede 8 anni per Leopizzi e chiede di indagare l’ex ad Zarbano per falsa testimonianza

Chiesti 7 anni e 10 mesi per Marashi e condanne per 14 dei 15 imputati. Domani e giovedì le repliche dei difensori

gradinata nord

Genova. I sostituti procuratori Francesca Rombolà e Giancarlo Vona hanno chiesto oltre 33 anni complessivi di carcere per 14 dei 15 imputati nel processo per le presunte estorsioni al Genoa.

Le pene più alte quelle per Massimo Leopizzi (8 anni di reclusione) e Arthur Marashi (7 anni e 10 mesi) considerati i ‘capi’ dell’associazione per delinquere che secondo l’accusa ricattava di fatto il Genoa garantendo la ‘pace del tifo’ in cambio di denaro gestito attraverso la società Sicurart di cui era amministratore Marashi e socio occulto Massimo Leopizzi. Hanno chiesto inoltre condanne per Fabrizio Fileni (3 anni 7 mesi), Paolo Taccone (2 anni 6 mesi), Davide traverso (1 anno 3 mesi), Piermarco Pellizzari (2 anni 4 mesi), Nicolò Garibotto (2 anni 1 mese), Fabio Donato (1 anno 7 mesi), Matteo Sanna (1 anno 8 mesi), Davide Masala (1 anno 6 mesi), Ivano Mucchi (4 mesi, assolto per l’associazione), Marco Paolucci (4 mesi), Paolo Galatà (4 mesi), Chiara Bruzzone (4 mesi). Chiesta l’assoluzione solo per l’imputato Alessandro Romano.

In circa cinque ore di requisitoria i pm si sono alternati nel ricostruire l’associazione e contestualizzare i singoli episodi che costituiscono i cosiddetti “reati fine” della stessa, vale a dire le pressioni a giocatori e società, le contestazioni come quella del pullman fermato all’aeroporto e alcuni episodi violenti come l’aggressione al giocatore Cataldi e alla moglie, sulla base delle indagini condotte dalla squadra mobile. Per alcuni di questi episodi sono state chieste anche diverse assoluzioni

Leopizzi – ha detto la pm Rombolà – dirigeva ed organizzava il sodalizio. Era lui a decidere come e quando fare le cose e chi doveva farle. E comminava sanzioni agli altri se le cose non venivano fatte come diceva lui”. E ha ricordato diversi episodi contestati come le minacce a un altro tifoso che non aveva rispettato le sue direttive.

L’unico a poter coadiuvare Leopizzi era Marashi e proprio la sua presenza a far emergere agli occhi degli investigatori il fine occulto dell’associazione – ha spiegato in aula la pm – perché Marashi non è un ultras e nel corso degli anni è riuscito a ottenere la fiducia di dirigenza e calciatori. Ha un doppio ruolo perché non ha solo contatti con la dirigenza e i calciatori ma anche un legame molto forte con Leopizzi. Si occupa della tutela dell’ordine pubblico ed è il collegamento tra tifoseria organizzata e dirigenza ma ha una assoluta condivisione degli intenti delittuosi di Leopizzi”.

Gli altri, all’interno di quella che per i pm è un’associazione per delinquere (associazione di cui fanno parte solo alcuni degli imputati) sono di fatto dei meri esecutori delle direttive del ‘capo’.

Il pm Vona invece si è concentrato sulla parte economico-finanziaria che secondo gli inquirenti era il fine vero dell’associazione. Per farlo ha citato più volte le intercettazioni nei confronti di Roberto Anchini, direttore tecnico di 4anyjob che fornisce gli steward allo stadio. Anchini era venuto a testimoniare nel processo ed era stato incalzato più volte da pm e anche dai giudici affinché chiarisse il rapporto tra la 4anyjob e la Sicurart e sul perché di fatto pur avendo debiti con tutti i fornitori (visto che il Genoa era ogni anno fortemente debitore nei confronti della 4anyjob, tanto che gli steward avevano fatto varie proteste, ndr), pagava immediatamente e per intero la Sicurart.

Quest’ultima che aveva un contratto direttamente con il Genoa solo per le hostess in tribuna, in realtà avrebbe fornito anche steward più esperti di security per le partite più delicate. Ma su quanti steward venivano presi per ogni partita dalla società di Marashi non ci sono informazioni visto che le fatture non sono specifiche. “E’ probabile che l’invio di personale ci sia stato ma non sappiamo quanti e quali perché non c’è mai stato niente di scritto”, ma “è certo che alla 4anyjob sia stata imposta la Sicurart dalla società” visto che “il contesto pone il contraente Zarbano in una condizione di estrema debolezza”. “C’è una società sana – ha detto Vona riferendosi alla 4anyjob – che vorrebbe lavorare normalmente e gli viene imposta una situazione assurda, cioè non pagare i suoi steward ma saldare subito tutte le fatture della Sicurart”.

E l’ex amministratore Alessandro Zarbano secondo l’accusa “non poteva non sapere di questa triangolazione e non può sostenere che il Genoa non ha sostenuto costi superiori”. Zarbano ha mentito in aula – sostengono i pm – un po’ perché come ha detto l’ex presidente Preziosi ‘Zarbano sta a Genova e ha paura’, ma anche perché è in corso il contenzioso con l’attuale proprietà della squadra rossoblù 777”.

Zarbano, chiamato come teste a fine gennaio, aveva minimizzato tutti gli episodi di intimidazione e aveva detto di non aver mai subito minacce o pressioni nonostante gli stiano state lette in aula le telefonate in particolare con Leopizzi (in questo articolo il racconto della sua testimonianza).

Per questo, oltre alle condanne, la Procura ha chiesto la trasmissione degli anni per falsa testimonianza proprio per Zarbano. Chiesto il rinvio degli atti per falsa testimonianza anche per Roberto Anchini (qui quello che aveva detto in aula) e per Valerio Bencivenni, dipendente di una pizzeria/panetteria di via Odessa 12 vicino alla sede della Brigata Speloncia. Dalle intercettazioni era emerso che Leopizzi era riuscito a ottenere pizze e focacce gratis per gli ultrà dopo le partite e birra scontata e il divieto di fare entrare tifosi blucerchiati. In cambio “non gli avrebbero bruciato il locale”. Il testimone aveva detto di non sapere nulla e che con lui i clienti pagavano tutti la stessa cifra.

Domani e dopodomani ci saranno le discussioni degli avvocati degli imputati.

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