Preoccupati

Ipotesi termovalorizzatore a Scarpino, in Regione si riaccende la protesta: “Non lo vogliamo”

Candia (Lista Sansa): "È una farsa senza fine, abbiano il coraggio di dire ai cittadini che è già tutto deciso"

Generico aprile 2024

Genova. Anni di battaglie contro il progetto dell’inceneritore proposto dalla giunta Pericu, poi l’emergenza ambientale del percolato di Scarpino, quindi i timori per la riapertura della discarica. Da oggi per i cittadini della Val Chiaravagna, nell’entroterra di Sestri Ponente, torna la preoccupazione per l’ipotesi di un impianto per la combustione dei rifiuti.

Una piccola delegazione, insieme alla consigliera Selena Candia della Lista Sansa, si è presentata oggi nella sala trasparenza della Regione Liguria con uno striscione eloquente: Inceneritore no grazie. È stato esposto al termine della conferenza stampa convocata per presentare lo studio del Rina sui siti idonei a ospitare un impianto per la chiusura del ciclo dei rifiuti, che potrà essere un termovalorizzatore oppure un waste to chemicals. Tra cui figura proprio Scarpino, già oggetto di una lettera inviata da Amiu alla Regione Liguria in cui si manifesta la disponibilità a realizzarlo.

“Il Pnrr non finanzia questo tipo di impianti perché crea problemi veri, sia quello chimico sia l’inceneritore o termovalorizzatore – spiega Franco Barchi dell’associazione Amici del Chiaravagna -. Siamo preoccupati per le emissioni e per la stabilità del terreno. Noi non lo accettiamo da sempre, al di là del fatto che abitiamo a Sestri e non ci fidiamo che rimanga in piedi Scarpino. Non si capisce mai chi decide, ma mi pare evidente che alla fine lo faranno a Scarpino. Se cresce la raccolta differenziata devono nascere filiere per il recupero dei materiali, sono cose che si dicevano anche vent’anni fa”.

“Avevamo fatto la prima battaglia dal 2003 al 2009, eravamo supportati da scienziati ed epidemiologi. Vent’anni dopo non è cambiato niente. Il cittadino non è mai tenuto in considerazione”, aggiunge Emilia Parodi Pedrina, ex editrice del Corriere Sestrese chiuso dal 2016.

“Quella a cui stiamo assistendo è una farsa senza fine – attacca la consigliera Candia -. Anziché commissionare studi e organizzare presentazioni alla stampa, senza dati, la Regione e l’Arlir abbiano il coraggio di dire ai cittadini che è già tutto deciso, e che si vuole procedere con la costruzione di un inceneritore a Scarpino. ‘Casualmente’ proprio quando questo studio dev’essere presentato Amiu si propone per realizzare l’inceneritore a Scarpino”.

“Ricordo che poche settimane fa in Consiglio regionale l’assessore Giampedrone aveva escluso interlocuzioni su un possibile impianto a Scarpino – aggiunge Candia -. E inoltre nella presentazione di oggi non sono stati chiariti i veri nodi della questione: si tratterà di un inceneritore misto (più economico) o di un impianto di riciclo chimico (waste to chemicals)? Quali sono i costi ipotizzati? Si userà il project financing? Quali tempistiche sono previste?”.

“A tutte queste domande inevase, ci sarebbe da aggiungere un’altra questione specifica per Scarpino – sottolinea la consigliera regionale -. Se dopo cinque anni di annunci i lavori per il Tmb sono ancora al palo per i problemi geologici sottovalutati in fase di progettazione, quali garanzie ci possono essere per costruire un altro impianto sullo stesso terreno?”

Oltre alle questioni di merito e di metodo per la costruzione di un nuovo impianto termovalorizzatore, per la consigliera della Lista Sansa resta un grande problema di visione e strategia in tema di gestione dei rifiuti: “L’inceneritore rappresenta la cosiddetta ‘chiusura del ciclo’ in un sistema di economia lineare in cui si produce e si getta via senza riciclare e senza riutilizzare nulla – evidenzia Candia -. Da anni ormai sappiamo che l’unica strategia possibile e sostenibile, indicata anche dalle direttive europee, è l’economia circolare, quindi ridurre i rifiuti a monte, rendere gli oggetti sempre più riciclabili, incentivare la raccolta differenziata spinta e il riuso dei materiali e degli oggetti. Non si tratta di una chimera, ma della realtà, per chi ha la volontà politica di perseguire questo modello”.

Quelle espresse in sala trasparenza non sono state le uniche manifestazioni di dissenso. Dal Pd arriva una nota critica: “La Regione racconta l’ennesima favola, di quanto presentato sulla chiusura del ciclo dei rifiuti in Liguria di definitivo non c’è nulla, ma solo un ulteriore progetto sbandierato come realizzato che però non si sa con certezza né dove sorgerà, né che tecnologia userà” scrivono Davide Natale, segretario Pd Liguria, e Roberto Arboscello, consigliere regionale e vicecapogruppo Pd in Regione.

“Rimane poi il nodo delle aeree indicate dallo studio di Rina: mentre il Comune di Genova e Amiu erano a conoscenza di questo studio, le amministrazioni savonesi sono state coinvolte? Oppure ancora una volta si passa sopra le loro teste? Con quale logica sono state valutate come idonee le zone della Vallescrivia, di Cengio, di Cairo o Vado? Sono siti caratterizzati da diverse problematiche ambientali. Quali sono le basi scientifiche? A Vado oltre al rigassificatore si vuol portare anche un termovalorizzatore?”, sottolineano i dem.

Immediata la replica al Pd della Lista Toti: “Ci preoccupano molto i giudizi del consigliere Natale sul piano dei rifiuti di Regione Liguria. La sua esperienza, d’altra parte, è ampia e variegata. Con tanta esperienza di cattivi esempi, ora che non può più darne, siamo certi sia il più blasonato a dare buoni consigli. D’altra parte, si dice, l’esperienza insegna. Avendo praticamente sbagliato tutto il possibile, come non pensare di aver compreso dai propri errori potendosi ergere a “saggio” del ciclo rifiuti?”, si legge nella nota firmata da Ilaria Cavo, coordinatrice regionale della Lista Toti, e Alessandro Bozzano, capogruppo in Regione.

Giovanni Ferretti, segretario del Partito della Rifondazione Comunista di Genova dichiara: “Ancora una volta una ennesima servitù calata su un territorio già gravemente compromesso dalla presenza di industrie insalubri, pericolose, depositi chimici, petroliferi, logistica, investita da grandi opere. Un territorio per il quale i dati epidemiologici sfornano indici di maggior mortalità rispetto ad altri quartieri cittadini, depauperato di servizi e lavoro, idrogeologicamente fragile e con danni ecosistemici pesanti dovuti alla cementificazione selvaggia”.

Singolare che in un momento come questo in cui la Liguria sta andando bene con la raccolta differenziata ed i comuni di Genova e Savona si stanno attrezzando per migliorare i dati della raccolta, ritorni al centro del dibattito il tema della termovalorizzazione dei rifiuti – commenta Federico Borromeo, direttore di Legambiente Liguria -. Il cammino verso l’economia circolare subirebbe una battuta di arresto se gli investimenti necessari venissero stornati dall’economia circolare per essere utilizzati su un processo come quello annunciato oggi. Anche sulle tempistiche siamo perplessi perché un impianto del genere non potrà essere utilizzato se non tra cinque, sei anni mentre puntare sulla raccolta differenziata può garantire risultati già in un anno, come ha dimostrato il comune di Imperia. Gli impianti che servono in Liguria sono i biodigestori per chiudere il ciclo della frazione organica che rappresenta circa il 40% dei rifiuti. Non capiamo perché nello studio presentato oggi in sala trasparenza, non sia stata presa in considerazione la tecnologia waste to chemicals che rappresenta un’innovazione, ma invece si continui a proporre la termovalorizzazione che in Piemonte e Emilia Romagna grazie all’incremento della raccolta differenziata sono già sotto utilizzati. Ci auguriamo che prima di portare avanti questo tipo di progettazione si apra un percorso partecipato e il dibattito non si chiuda solo sulla scelta della localizzazione”.

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