Rabbia

Omicidio Nada Cella, la criminologa Delfino Pesce: “Così gli indagati si sono fatti beffe di tutti, a cominciare dai magistrati”

La criminologa che aveva fatto riaprire il caso: "Le motivazioni dimostrano che si può omettere, mentire e rifiutarsi di dare spiegazioni senza inciampare in alcun capo di imputazione". L'avvocata della famiglia: "Imprecisioni ed errori trasfigurano la realtà dei fatti".

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Genova. “E’ stato imbarazzante leggere le motivazioni della sentenza Nada Cella. Nessuno ha mai voluto un colpevole a tutti costi. Piuttosto si è sempre cercato di arrivare ad un contraddittorio che sarebbe stata l’occasione per mettere a confronto tra loro i 3 indagati che, fino ad oggi, si sono presi beffe di tutti, in primis della magistratura, dimostrando che si può omettere, mentire e rifiutarsi di dare spiegazioni senza inciampare in alcun capo di imputazione”. E’ lo sfogo durissimo di Antonella Delfino Pesce, la criminologa che nel 2021 ha fatto riaprire le indagini sul delitto di Nada Cella, che hanno portato la procura ad accusare Anna Lucia Cecere di omicidio, e Marco Soracco e la madre di favoreggiamento e false dichiarazioni al pm.

Ma il primo marzo il gup Angela Nutini ha detto che quel processo non si deve fare e nelle motivazioni depositate ieri ha spiegato perché. Secondo la giudice il quadro accusatorio è fatto nei confronto di Cecere di pochi elementi indiziari che sono più “sospetti” che indizi veri e propri, e molti elementi sarebbero “contradditori” al punto da far immaginare una diversa e opposta ricostruzione dei fatti (Le motivazioni della sentenza sono riassunte in questo articolo).

Come si può addurre colpe gravissime all’indagato e non prendersi poi la responsabilità di un processo?” sbotta la criminologa con riferimento alla “bugie” che secondo il gup Nutini il commercialista Soracco e la madre avrebbero detto sia all’epoca dei fatti sia quando sono stati risentiti nel 2021. Secondo la ‘gup’  madre e figlio avrebbero mentito per tutelarsi.

E ancora: “Come si può prosciogliere l’indagata sulla base di un Dna cercato e non trovato dopo tre decenni?” dice in riferimento all’assenza della prova regina del dna.

E infine: “Come si può presumere che l’alibi sia stato verificato nel 1996 se nulla è agli atti?”. L’alibi di Anna Lucia Cecere, vale a dire, il suo lavoro presso uno studio dentistico, resta  un punto interrogativo. E’ vero che la donna, aveva un contratto a tempo indeterminato con orario di lavoro dalle 9.30 alle 11.30, ma il dentista in questione, sentito di recente degli inquirenti, non è stato in grado di ricordare se quella mattina del 6 maggio 1996 Cecere fosse andata effettivamente al lavoro.  E sul punto il gup scrive “è plausibile ritenere che quella verifica venne fatta nel 1996 allorché venne archiviata la posizione dell’indagata”.  Lo stesso gup ricorda tuttavia che il fascicolo con la richiesta di archiviazione di Cecere è andato perduto nel corso dell’alluvione del 2014 che aveva allagato l’archivio del tribunale di Chiavari. Perché, quindi, il pm Gebbia, decise di indagarla solo per 9 giorni, è difficile saperlo. 

Sarebbe giusto che qualcuno si prendesse per una volta la responsabilità di avvertire i familiari di omicidi irrisolti di non aspettare più, di farsene una ragione perché per loro lo Stato non ci sarà. 

“Bisogna abituarsi a non aver fiducia nella giustizia da piccoli perché da grandi si fa fatica” conclude amara Delfino Pesce. Intanto però il sostituto procuratore Gabriella Dotto sta preparando il ricorso in appello.

“Noi difensori e la famiglia siamo profondamente colpiti dall’alto numero di imprecisioni formali, anzi veri e propri errori che trasfigurano la realtà dei fatti ad iniziare dalla circostanza della pubblicazione dei dati di Cecere sui giornali dell’epoca, fatto mai avvenuto – commenta Sabrina Franzone, avvocata della famiglia Cella – ad altre questioni come la perquisizione dello scooter o l’interrogatorio del datore di lavoro di Cecere avvenuto per la prima volta nel 2021. Riteniamo che questa sentenza, paradossalmente, dimostri l’assoluta necessità che il dibattimento venga celebrato”.

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Omicidio Nada Cella, il ricorso in appello della Procura contro il proscioglimento di Cecere: “Fatti travisati e ricostruzioni errate”

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