L'udienza

Ponte Morandi bis, gli imputati dicono no alle proposte di patteggiamento: verso un altro maxi-processo

Via all'udienza preliminare stamani per 47 imputati tra cui gli ex vertici di Aspi e Spea. Solo un imputato su dodici ha detto sì alla proposta della Procura

Crolla soffitto in galleria a26

Genova. Solo uno dei dodici imputati nell’inchiesta bis sui falsi report di viadotti e gallerie, nato dopo il crollo del ponte Morandi, ha deciso di accettare la proposta di patteggiamento proposta da Procura di Genova per snellire quello che si avvia a diventare un altro maxi processo.

Si tratta di Bruno Zamberlan, geometra savonese di Aspi a cui la procura aveva proposto un patteggiamento a 5 mesi per un unico report ‘falso’. Gli altri invece andranno tutti verso il processo, sia i tre tecnici che sono imputati anche nel filone principale (Carlo Casini, Maurizio Ceneri e Lucio Ferretti Torricelli), sia gli altri imputati ‘minori’ e non coinvolti dal processo nel Morandi. Dei 47 imputati in totale due hanno anche fatto sapere tramite i loro avvocati che faranno richiesta di abbreviato.

L’obiettivo della procura era tentare di snellire, in cambio di pene più basse (sotti i due anni e quindi con la sospensione condizionale della pena e altri benefici), un altro processo che rischia di assumere dimensioni abnormi per i numeri. Gli imputati, tuttavia, hanno assunto in blocco una linea attendista, in buona parte legata all’andamento del processo Morandi visto che la sentenza del maxiprocesso per il crollo – quando arriverà – si pronuncerà anche su molti episodi di falso, del tutto simili a quelli di cui sono accusati gli imputati del filone bis. E la legge oggi consente il “concordato in appello”, vale a dire un patteggiamento direttamente nel secondo grado di giudizio da valutare appunto in base all’andamento del processo principale.

Tutte le decisioni relative ai riti alternativi saranno comunque ‘ratificate’ nel corso dell’udienza preliminare che stamattina è stata subito rinviata al 21 dicembre a causa di problemi con la notifica dell’Acip a 5 imputati, tra cui l’ad Giovanni Castellucci. Formalmente le loro posizioni sono state stralciate per essere poi riunificate nella prossima udienza quando il problema sarà sanato con la nuova notifica degli atti.

Stamattina intanto hanno preannunciato di volersi costituire parte civile nel processo diverse associazioni a cominciare dal Comitato parenti vittime del Ponte Morandi, rappresentato dall’avvocato Raffaele Caruso, il Comune di Genova (avvocato Alessandra Mereu), Assoutenti e altre associazioni di consumatori oltre ai sindacati Cgil e Cisl. La richiesta formale di costituzione sarà fatta nella prossima udienza.

L’indagine del cosiddetto ‘Ponte Morandi bis’ riguarda i falsi report sullo stato dei viadotti, le barriere antirumore pericolose, il crollo della galleria Bertè in A26 (30 dicembre 2019) e il mancato rispetto delle norme europee per la sicurezza nei tunnel.

Le accuse, a vario titolo, sono falso, frode, attentato alla sicurezza dei trasporti, crollo colposo. Tra gli indagati l’ex Ad di Aspi Giovanni Castellucci, gli ex numeri due e tre di Autostrade per l’Italia Paolo Berti e Michele Donferri Mitelli e Stefano Marigliani, ex direttore di tronco della stessa azienda, tutti imputati al processo sul crollo del viadotto Morandi. Archiviato il reato di omissione di atti d’ufficio.

Secondo gli investigatori della Guardia di finanza, coordinati dai pm Stefano Puppo e Walter Cotugno insieme all’aggiunto Francesco Pinto, i tecnici di Spea ammorbidivano i rapporti sullo stato dei ponti per evitare i lavori. Era stato scoperto, inoltre, che le barriere fonoassorbenti montate su alcuni tratti autostradali erano difettose e si erano staccate causando problemi agli automobilisti. Uno degli indagati aveva anche detto al telefono che erano “attaccate con il Vinavil”.

Il 30 dicembre 2019 era invece crollata una parte della volta della galleria Bertè, in A26. Si erano staccate quasi due tonnellate di cemento che per fortuna non avevano colpito mezzi in transito. Anche in questo caso per la procura i controlli non venivano fatti in maniera adeguata. Le due società Aspi e Spea sono uscite dall’inchiesta dopo avere patteggiato per questo filone circa un milione.

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