Genova. L’inconfondibile “tirabaci” e le gote dipinte con due “pomelli” rossi, l’accento e il carattere marcatamente piemontese, le frasi nonsense. Erano questi i tratti caratteristici di una maschera, quella di Erminio Macario, diventata una pietra miliare della commedia italiana.
La carriera di Macario, attore e autore di teatro di rivista ma anche di pellicola, considerato l’inventore del cinema comico italiano, e di televisione, è raccontata, attraverso fotografie, locandine e manifesti, in una mostra, che si è aperta al Museo Biblioteca dell’Attore di Genova, dove resterà allestita fino al 30 settembre 2018.
“Mio padre, oltre che comico e maschera, fu il reinventore del teatro di rivista, genere fondamentale per tutto il novecento – ha spiegato il figlio Mauro, che ha supervisionato con grande attenzione l’allestimento – prendendo ispirazione dalla revue parigina”.
Riviste che, spesso, prendevano vita proprio in Liguria, a Santa Margherita Ligure dove Macario è stato per 40 anni. “Qui riceveva le soubrette, gli scenografi, i costumisti i musicisti. E d’estate, mentre la gente si diveniva, lui lavorava per strutturare quello che sarebbe stato lo spettacolo che andava in scena da settembre”.
Vicino di casa, a Santa Margherita, era il comico Gilberto Govi, con il quale aveva stretto una profonda amicizia. “Ricordo una vacanza in una località sopra a Chiavari, La Squazza dove ho fatto una foto a mio padre e a Govi. L’attore genove indica un punto e dice, vedi, quello è il Monte Bianco, e invece eravamo in Liguria”.