Contro analisi

Lupi, la risposta delle associazioni: “Report di Federcaccia senza valore scientifico, serve cambio di passo culturale”

Secondo gli animalisti non sono i lupi a dover essere controllati "ma le attività antropiche"

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Genova. “Regione Liguria non smentisce neppure nel nuovo anno la sua passione per il calibro 12, come primo appuntamento, “fortemente sostenuto” senza vergogna dal Vice Presidente della Giunta con delega alla caccia Alessandro Piana, cacciatore, oggi è stato ospitato in una sala della Regione a Genova il Coordinamento Nazionale Cacciatrici Federcaccia per la loro campagna contro i lupi”.

Con queste parole inizi il comunicato stampa delle associazioni GAIA Animali e Ambiente, Animalisti Genovesi, LAV e Associazione Sparta che denunciano: “E’ in atto un’azione di criminalizzazione del lupo al fine di ridurne lo stato di protezione particolare, come prevedono le norme europee, poiché il mondo venatorio considera il lupo un competitore nella caccia agli animali selvatici, con la differenza è che il lupo uccide per sopravvivere il cacciatore per puro divertimento”.

“Le affermazioni degli esponenti della Federcaccia sul fatto che a loro non interessa cacciare il lupo confligge con la perseveranza nel creare allarmismo come nel caso del report presentato oggi sulle predazioni di lupi verso i cani – si legge nel comunicato stampa in risposta al dossier presentato questa mattina a Piazza De Ferrari – Un report che non ha alcun valore scientifico, come loro stessi affermano, che si basa solo su dati raccolti in gran parte tra gli stessi cacciatori senza un riscontro di veri esperti, senza esame del DNA dei resti, senza approfondimento del contesto deve sono avvenuti i ritrovamenti. L’aumento del numero dei  lupi anche nel nostro Appennino deve essere visto con favore, gli studi etologici affermano che il loro numero rimane stabile nel tempo sullo stesso territorio, certo comporta in certe aree la necessità di maggiori attenzioni e buone pratiche per tutelare gli animali domestici”.

Approfondisce Francesco De Giorgio, biologo ed etologo “Bisogna capire di quali lupi e di quali cani stiamo parlando, in quali contesti si verificano questi episodi, quali sono le attività, le abitudini e la mal pratica che coincidono con essi o che, quantomeno, ne rendono più probabile il verificarsi, quali sono piuttosto le responsabilità della società umana, invece che addossare unicamente la colpa ai lupi. Gruppi di lupi diversi hanno diverse culture, basate sulle singole soggettività di ogni gruppo, un gruppo può avere una cultura neutra rispetto ai cani, un altro può sviluppare una cultura di competizione con i cani, un altro può avere una tendenza predatoria opportunistica verso essi”.

“I cani utilizzati nella caccia, possono avere un impatto maggiore sulle dinamiche naturali, – prosegue Francesco De Giorgio –  sottoponendo lupi e altri selvatici, ad un elevato livello di disturbo e stress che può scatenare in alcuni gruppi di lupi o singoli individui, una reazione né competitiva né predatoria, ma di difesa territoriale, oltre che di controllo ed eliminazione del disturbo. Questo vale anche per quei cani che vengono mal gestiti, ma anche mal compresi e in definitiva negati dagli umani, come quelli legati a catena nelle campagne, ma anche quelli che vivono in città liberati in natura senza cognizione di causa. In più nelle campagne ci sono diverse mal pratiche legate alla gestione del cibo, che spesso viene lasciato fuori, a disposizione non solo dei cani ma anche dei selvatici”.

In conclusione non sono i lupi che vanno controllati “ma le attività antropiche, anche perché oltre che essere notoriamente indicatori e promotori di un ambiente naturale sano, i lupi rappresentano anche le migliori difese contro la diffusione di patogeni, come nel caso della peste suina africana e quindi andrebbero aumentati maggiormente i livelli di protezione.”

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