Maestosa

Maria Stuarda firmata Livermore, la recensione della nuova co-produzione del Teatro Nazionale di Genova fotogallery

Immense le due protagoniste: Laura Marinoni ed Elisabetta Pozzi, che ogni sera si alternano nei due ruoli

maria stuarda

Genova. Attenzione per il testo originale e rinnovamento. La Maria Stuarda firmata da Davide Livermore, che ha inaugurato la programmazione del Teatro Nazionale di Genova all’Ivo Chiesa (co-produzione del Teatro Nazionale di Genova, del Teatro Stabile di Torino e di Ctb Centro Teatrale Bresciano), rientra in pieno nel solco della filosofia che Livermore imprime alle opere di cui cura la regia.

Lo spettacolo resta in scena sino al 30 ottobre e poi partirà per una tournée a gennaio e febbraio (date in fondo all’articolo).

Il rosso della passione e del sangue domina la scena in cui si muovono gli attori, capeggiati da due giganti della prosa italiana e che non deludono: Laura Marinoni ed Elisabetta Pozzi, che si alternano nel ruolo di Elisabetta I e di Maria Stuart a seconda di come cadrà la piuma dell’angelo a inizio serata. Un invito a tornare a rivedere lo spettacolo a ruoli invertiti. Una difficoltà enorme per le due protagoniste, visto che hanno dovuto imparare entrambe le parti di uno spettacolo di circa tre ore. Nella replica a cui abbiamo assistito Pozzi era la regina Elisabetta, Marinoni era Maria. Esaltate dagli abiti disegnati da Dolce e Gabbana, entrambe con parrucca grigia (trucco e parrucco di Bruna Calvaresi) le due attrici hanno dato vita a una prova superba: Pozzi algida, sprezzante, molto efficace nella gestualità, anche minima, con le dita ad arpionare e a muoversi sul bastone che la sostiene. Marinoni ha saputo dosare prima la dolcezza, poi la speranza, per poi esplodere nel terzo atto, durante l’incontro con la cugina, rinunciando a chinare la testa, mostrando tutto il proprio carattere per poi accettare il proprio destino.

La scenografia, su più livelli, è firmata da Lorenzo Russo Rainaldi e, pur imponente nella sua struttura, è ridotta all’essenziale (una grande scalinata, speculare, con gli arredi di scena che in apertura sono anch’essi doppi a caratterizzare la dualità delle due donne sulla scena, così diverse, ma forse non troppo, alla fine, ma anche legate l’una all’altra.

Le luci di Aldo Mantovani esaltano il rosso che è il colore-guida dello spettacolo, ma danno anche luce e ombra, sottolineando gli intrighi politichi, le passioni pubbliche e private dei vari personaggi, ben interpretati da Gaia Aprea, Linda Gennari (particolarmente applaudita nei panni di Mortimer), Giancarlo Judica Cordiglia, Olivia Manescalchi, Sax Nicosia (Leicester) e vestiti da Anna Missaglia che strizza l’occhio al Novecento.

La nuova traduzione di Carlo Sciaccaluga non ha tradito il testo originario, pur attualizzandolo.

La marcia in più dello spettacolo la imprime Giua, la cantautrice genovese: sul palco per tutta la durata della recita, esalta con basso, chitarra elettrica e una voce graffiante le fasi più drammatiche della tragedia. E così, nella partitura studiata con Mario Conte, si alternano brani come Nothing Else Matters dei Metallica a frammenti di musica rinascimentale, oltre a effetti sonori che accentuano ulteriormente la drammaticità del confronto.

La trama

Maria Stuarda è prigioniera in Inghilterra per l’omicidio di suo marito, ma in realtà perché Elisabetta I teme le sue pretese al trono.

Dopo che Maria scopre che Mortimer (personaggio creato da Schiller), nipote del suo custode, è dalla sua parte, gli affida una lettera per il conte di Leicester, in cui gli chiede aiuto. Mortimer prima deve capire se Leicester è veramente ‘amico’ o solo un doppiogiochista e, una volta appurato, dà il via alle operazioni. Viene orchestrato un incontro tra le due, ma le cose non vanno come previsto: Maria rifiuta di sottomettersi alla volontà di Elisabetta e quest’ultima propende per firmare la condanna a morte. Nel frattempo, Mortimer progetta di liberare Maria con la forza, ma il suo tentativo viene scoperto e lui si suicida. Leicester invece finge di aver subito tutto per fare il gioco di Elisabetta.

La Regina firma la condanna a morte di Maria, sottolineando di farlo solo per le pressioni del suo popolo e consegna il documento a Davison, il sottosegretario, senza nessuna istruzione precisa su cosa farne. Egli affiderà la condanna a Lord Burleigh e Maria viene decapitata. Solo dopo l’esecuzione viene scoperto il tradimento degli scrivani che hanno testimoniato il falso contro le accuse originarie nei confronti di Maria. Elisabetta incolpa sia Burleigh sia Davison per la morte della cugina, mentre Lord Shrewsbury (che ha implorato la grazia per Maria durante l’opera) rinuncia ai propri privilegi e lascia la corte, così come Leicester che se ne va in Francia. Elisabetta è lasciata completamente sola.

La tournée

11 – 15  gennaio, BRESCIA Teatro Sociale
17 gennaio, SAN MARINO Teatro Nuovo
19 – 22 gennaio, TRIESTE Teatro Rossetti
24 gennaio – 5 febbraio, TORINO Teatro Carignano
8 – 12 febbraio, PADOVA Teatro Verdi
14 – 15 febbraio, LUGANO Teatro Lac
17 – 19 febbraio, PAVIA Teatro Fraschini
21 – 26 febbraio, BERGAMO Teatro Donizetti

 

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