Situazione critica

“Bambini per terra e solo 4 bagni per 4mila profughi”: il racconto da un centro di accoglienza polacco

Il referente della missione umanitaria partita da Roma: "Stiamo cercando di mettere ordine, abbiamo bisogno di pullman che portino queste persone in Italia"

centro accoglienza profughi in polonia

Polonia. Sono circa 1,5 milioni i cittadini ucraini in fuga dalla città bombardate. Molti sono già arrivati in Italia, altri stanno aspettando che un pullman li porti via dai centri di accoglienza organizzati alle frontiere. Perché anche lì la situazione è critica.

Certo, ormai la guerra se la sono lasciata alle spalle dopo un lungo cammino al gelo, infagottati nei loro piumini. Sono riusciti ad uscire dall’Ucraina, dove però hanno lasciato figli, mariti, padri, fratelli. Gli uomini tra i 18 e 60 anni infatti non possono uscire dal Paese, dove devono rimanere per combattere e difendere la patria. Donne, bambini e anziani invece cercano di fuggire e raggiungere le frontiere nella speranza di mettersi in salvo. Ma il loro viaggio non finisce nei centri di accoglienza che diversi Stati confinanti, come la Polonia, hanno messo a disposizione. Anche in quel caso, ad attendere i profughi una dura realtà.

“Le persone vengono sistemate alla meglio, con un grave rischio sanitario e non parlo solo del Covid. Le brandine non sono distanziate, la gente è ammassata. Ci sono pochissimi bagni, appena 4-5 per 4mila persone. I bambini stanno per terra, con i tutti i rischi che ne conseguono, alcuni arrivano già  acciaccati, con la febbre o altro dopo aver affrontato un lungo viaggio al freddo. Negli ultimi giorni le temperature sono scese e difficilmente superano lo zero, quindi c’è la necessità di accogliere subito all’interno della struttura le persone in coda fuori”.

Questo il racconto di  Gianni Marchegiani, un veterano dell’emergenza, responsabile della missione umanitaria Insfo – Roe, organizzata grazie alla collaborazione tra l’Istituto Nazionale di Formazione Operativa Professionisti dell’Emergenza e il R.O.E. protezione civile. Marchegiani, insieme ai colleghi, è partito venerdì mattina da Roma per raggiungere Przemysl, cittadina della Polonia al confine con l’Ucraina, per una missione finanziata dalle donazioni di aziende, privati e benefattori italiani.

E al loro arrivo – dice – “il centro di accoglienza era completamente nel caos”. Non solo per quanto riguarda le condizioni igienico sanitarie, ma anche a livello organizzativo: “Qui si limitano solamente a dare un tetto alle persone che arrivano, ma non c’è un coordinamento, non si fa alcun censimento e non si chiede loro dove vogliono andare – racconta ai microfoni di Ivg. – Stiamo cercando di mettere ordine”.

In primis sono stati allestiti oltre 100 posti letto (reti con materassi) per mamme e bambini e sono stati consegnati generi alimentari, vestiti, farmaci e beni di prima necessità per l’igiene personale. È stata poi predisposta all’interno del capannone, un ex centro commerciale, un’area dove sono stati raggruppati tutti gli ucraini che vogliono raggiungere l’Italia. “Sono circa mille persone – spiega Marchegiani – Nella zona di cui ci occupiamo noi vengono rispettati i protocolli italiani, le brandine sono separate e in ordine. Per questo nelle notti scorse ci sono stati dei momenti di tensione, ci hanno provato a saccheggiare”, e ci invia le foto del centro prima e dopo il loro arrivo.

centro accoglienza profughi in polonia
Prima e dopo l'arrivo degli italiani

Al momento la struttura ospita circa 4mila profughi, ma sono migliaia le persone che arrivano ogni giorno. “Abbiamo bisogno di pullman che portino queste persone in Italia e in Europa, l’afflusso è continuo, rischiamo il collasso. Abbiamo già una lista di chi vuole raggiungere il nostro paese e continuiamo ad aggiornarla. Ma serve che qualcuno venga qui per il trasporto, che faccia da spola fino alla frontiera italiana, perché in tanti hanno un appoggio o un parente nel nostro paese”. E proprio iniziative di questo tipo sono partite dal savonese, come il pullman di Balestrino Viaggi e i mezzi di Tpl.

Per quanto riguarda invece i bene materiali, “le brandine da campo sono quelle di cui abbiamo bisogno con più urgenza. Poi ovviamente anche coperte e alimenti e medicinali per bambini”.

Tante le tragiche storie che Gianni ha ascoltato. Tra gli avvenimenti che più l’hanno colpito, la reazione di una bambina di circa 10 anni nel centro di accoglienza insieme al fratello e alla madre. “Mentre la nostra equipe di infermieri stava monitorando il fratellino molto piccolo, che aveva qualche linea di febbre, lei ci ha raccontato di aver lasciato al fronte il padre, altrimenti loro non si sarebbero potuti mettere in salvo. Lo ha fatto con estrema freddezza, senza nemmeno versare una lacrima. Una dignità che ti colpisce e non ti aspetti da una bambina così piccola”, racconta con la voce spezzata.

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