Spauracchio

Coronavirus, il vino c’è ma non si vende. E in Liguria la prossima vendemmia potrebbe saltare

Alcuni produttori non riescono a smaltire il vino dell'anno precedente e stanno pensando di distruggere tutta l'uva nei vigneti. A meno che...

Uva Vino

Genova. Tra le conseguenze indirette dell’emergenza coronavirus c’è il paradosso che investe il settore vitivinicolo, una delle eccellenze dell’agricoltura ligure. Non perché gli agenti patogeni abbiano qualche potere sull’uva, anzi. A incidere sulle sorti del settore è piuttosto la prolungata chiusura di ristoranti ed enoteche, che sono i principali clienti delle piccole aziende locali, incentrate sulla qualità più che sulla quantità. E così per il 2020 si profila uno spettro inquietante: la cosiddetta “vendemmia verde“, cioè il taglio dei grappoli ancora acerbi. Di solito (ma non sempre) per buttarli via.

“Quest’anno ho venduto appena 24 bottiglie. L’anno scorso a luglio avevo esaurito l’intera produzione della stagione, pari a 5mila bottiglie”, ci spiega Valerio Sala, che oltre ad essere il presidente di Coldiretti Genova è anche titolare di un’azienda che produce vino e olio nell’entroterra chiavarese. Cifre che rendono perfettamente la portata del problema: delle 5 milioni di bottiglie che ogni anno vengono confezionate in Liguria, la maggior parte entra nel circuito della ristorazione e solo una piccola percentuale arriva sugli scaffali della piccola, media e grande distribuzione. Anche (e soprattutto) per mere logiche di prezzo.

“Lo spauracchio è quello di non riuscire a smaltire il vino rimasto in cantina dall’annata precedente. A quel punto si distrugge l’intera produzione d’uva per evitare i costi della vendemmia e della nuova produzione che rischia di rimanere invenduta – spiega l’assessore regionale all’agricoltura Stefano Mai -. Ma non vogliamo arrivare a tanto. Stiamo cercando il più possibile di stimolare la domanda interna con attività di promozione e stiamo ragionando di un’azione condivisa col mondo della ristorazione. Alcuni stanno continuando la commercializzazione extra-europea, ma anche il mercato italiano ci fa ben sperare”.

Serate di degustazione, corsi di sommellerie, campagne di comunicazione per invitare ad acquistare i vini tipici liguri. La Regione le sta studiando tutte per evitare il disastro. Compresi accordi con alcune catene di supermercati (al momento Coop, Sogegross, Conad e Carrefour) per spingere all’acquisto dei prodotti locali, anche se non sempre il cliente medio si convince a spendere qualche euro in più per un prodotto di maggiore qualità. I vini che soffrono di più questa situazione sono i bianchi, meno inclini alla stagionatura, su tutti il pigato e il vermentino.

In realtà esiste anche un piano B. E lo ha proposto proprio Coldiretti a marzo, quando tutta l’Italia era nel vivo dell’emergenza. Se “vendemmia verde” dovrà essere, quell’uva si potrà usare per produrre alcol denaturato, cioè la base principale dei disinfettanti per le mani che a breve dovranno essere disponibili in migliaia di aziende e luoghi pubblici.

Il piano “salva vigneti”, presentato al Governo, punta a soddisfare la domanda cresciuta vertiginosamente (già a marzo era aumentata del 186% rispetto a febbraio) e a salvaguardare i posti di lavoro del comparto attraverso la distillazione volontaria di 3 milioni di ettolitri di vino ancora in cantina, pari al 6% della produzione media italiana. Tra l’altro diverse aziende hanno già riconvertito la propria produzione per produrre igienizzanti, sanificanti e prodotti del genere (una anche a Genova, lo abbiamo raccontato qui). Insomma, forse saremo meno “allegri” del solito, ma almeno avremo le mani pulite.

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