Torna l’ipotesi di aumentare l’Iva attraverso la manovra anti-crisi e torna anche il ‘no’ dell’Associazione nazionale medici veterinari italiani (Anmvi), che chiede al Governo “interventi selettivi affinché le cure veterinarie – già vessate da un’aliquota al 20%, la stessa percentuale applicata ai beni di lusso – non siano ulteriormente penalizzate dal provvedimento al vaglio del Senato”. “Il Fisco tratta la sanità animale come un bene superfluo”, lamentano i veterinari, rivendicando che, al contrario, “le cure veterinarie non sono nemmeno un bene di consumo. Concorrono alla sanità animale e alla sanità pubblica del Paese e dovrebbero essere trattate con l’aliquota ridotta. Anzi, una serie di prestazioni dovrebbe essere del tutto esente, come accade per le prestazioni sanitarie alle persone, perché obbligatorie o rese nell’interesse della sanità pubblica”.
Attualmente l’Iva “di lusso”, cioè al 20%, riguarda le cure prestate nei canili, il microchip obbligatorio, le vaccinazioni prescritte dalla legge per combattere le malattie trasmissibili e gli interventi di prevenzione del randagismo, come la sterilizzazione chirurgica. Si tratterebbe quindi, secondo i veterinari, di prestazioni “scoraggiate da un peso fiscale che ricade sui cittadini-proprietari, che si traduce in leggi disattese e in maggiori oneri per la finanza pubblica”.