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Appello in extremis per salvare le grotte genovesi: “Servono 5 milioni o le perdiamo per sempre”

Cinque perle di rara bellezza, uniche al mondo ma sconosciute e sul punto di sparire. Montanari chiama istituzioni e privati: "Siamo al punto di non ritorno"

grotte genovesi lauro magnani

Genova. Un patrimonio di inestimabile valore artistico, sebbene sconosciuto ai più, che rischia di andare perso per sempre. Servono circa 5 milioni di euro per salvare ciò che è rimasto delle grotte monumentali nelle ville cinquecentesche genovesi: a lanciare il grido d’allarme è stato Giacomo Montanari, storico dell’arte e curatore scientifico dei Rolli Days, a margine della presentazione dell’edizione primaverile della manifestazione. Un appello a tutti – istituzioni pubbliche e soggetti privati – per finanziarne il restauro e renderle fruibili al pubblico.

“Sono davvero qualcosa di unico al mondo – spiega Montanari -. Le grotte artificiali rinascimentali non nascono a Genova, anche se a Genova abbiamo uno dei primi esempi monumentali. Vengono mutuate dagli antri ipogei ritrovati all’inizio del Cinquecento a Roma”. La particolarità è l’inserimento di materiali e tipologie che costituiscono un punto d’interesse notevole perché sono diventate un modello per altre realtà europee: le ritroviamo ad esempio nel castello di Fontainebleau e nelle residenze tedesche.

All’interno si godeva di uno spettacolo mozzafiato, costruito con incredibile maestria: tessere di maiolica colorata ne costituivano l’ossatura, ma poi prendeva vita un ambiente magico e misterioso fatto di conchiglie, coralli, gusci di molluschi, stalattiti e stalagmiti, mosaici e cristalli a comporre figure mitologiche e fantastiche. Col passare dei secoli, ciò che non è stato distrutto dalle rivoluzioni urbanistiche ha dovuto fare i conti con l’abbandono e l’assenza di manutenzione. Oggi l’avanzato stato di degrado, le infiltrazioni d’acqua (che una volta doveva scorrere e non ristagnare) e i cedimenti strutturali rischiano di compromettere definitivamente questo delicatissimo patrimonio.

grotte genovesi lauro magnani

Gran parte degli studi sulle grotte genovesi è da attribuire a Lauro Magnani, professore di storia dell’arte dell’Università di Genova, ora in pensione, che nel 2022 ha curato una mostra sul tema a Palazzo della Meridiana, Grotte e giardini ai tempi di Rubens. «Delizie» e «meraviglie» a Genova all’alba del Seicento, il cui catalogo è ancora acquistabile per ulteriori approfondimenti.

La “madre di tutte le grotte” è quella di Palazzo del Principe, realizzata da Galeazzo Alessi in quello che all’epoca era il giardino a monte della villa. Con la costruzione della ferrovia è stata inglobata nei fondi di un palazzo. Riscoperta nel 1983 proprio da Magnani, è stata riacquistata dalla famiglia Doria Pamphilj ed è stata sottoposta a un primo intervento urgente di pulitura e consolidamento, tutto a spese dei proprietari. Le altre grotte “sopravvissute” si trovano a Villa Doria Pavese a Sampierdarena (oggi sede dell’istituto delle Madri Franzoniane), Villa Pallavicino delle Peschiere, Villa Rosazza sopra Dinegro e nell’ex Villa Grimaldi Sauli in zona San Vincenzo, oggi accessibile solo dagli spogliatoi del Tennis Club.

“Queste cinque, che oggi si potrebbero efficacemente recuperare, sarebbero un circuito unico in Europa – ribadisce Montanari, che di Magnani fu allievo -. Le nostre sono tra le più antiche e preziose a livello artistico, per qualità e materiali. Riuscire a renderle visitabili sarebbe straordinario, considerato che sono quasi tutte private. Ma l’investimento è troppo oneroso”.

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Di qui la “chiamata alle armi” rivolta a tutti i potenziali finanziatori. Per ora, a parte i lavori commissionati dai Doria per la grotta di Principe, è stato aperto dalla Soprintendenza solo un cantiere esplorativo per Villa Doria Pavese in collaborazione con l’Opificio delle pietre dure di Firenze. Due le possibili formule: “O le istituzioni finanziano i privati, col vincolo di prevedere aperture cadenzate e concordate, oppure intervengono mecenati privati che garantiscano la fruizione e la conservazione dei beni”. Ma non c’è tempo da perdere: “O lo facciamo adesso o le perdiamo definitivamente nel giro di 10 anni – sostiene lo storico dell’arte -. Io le ho viste 15 anni fa, rivederle oggi è un colpo al cuore, il tempo ha lasciato segni clamorosi. Siamo al punto di non ritorno”.

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Beninteso: sarebbe impensabile portare nelle grotte gli stessi visitatori che affollano i Rolli Days. “L’integrazione è un fatto virtuoso, ma non sono manufatti per centinaia di migliaia di persone, non sono adatte a un pubblico massivo – avverte Montanari -. Pensiamo a un itinerario interessantissimo da mantenere autonomo, che potrebbe chiamarsi ‘le grotte delle ville genovesi’, con un sistema di prenotazioni per le visite e un continuo monitoraggio conservativo”. Non solo: “Potrebbero diventare i cantieri per una scuola di restauro di livello nazionale e internazionale. E potrebbero essere un’idea positiva per un centro studi che Lauro Magnani sarebbe la persona giusta per guidare”. Prima, però, serve il denaro. Per evitare che un’altra meraviglia della Superba finisca nel novero delle cose perdute per sempre.

Foto di Fabio Bussalino e Giacomo Montanari

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