Le indagini

La polizia scientifica nel carcere di Sanremo: accertamento tecnico nella cella dove è stato massacrato Alberto Scagni

Presenti anche gli avvocati di Scagni Bettoli e Caselli Lapeschi che denunciano: "Dal carcere di Marassi nessuna informazione sul pestaggio di ottobre, dicono che si tratta di atti interni"

albero scagni

Genova. E’ durato buona parte del pomeriggio l‘accertamento tecnico effettuato dalla Procura di Imperia nella cella del carcere di Sanremo dove dieci giorni fa è stato brutalmente aggredito da due detenuti stranieri il killer Alberto Scagni.

L’accertamento, una sorta di fotografia dei luoghi dove è avvenuta la brutale aggressione, è stato effettuato dalla polizia scientifica alla presenza degli avvocati di Scagni, Mirko Bettoli e Alberto Caselli Lapeschi. Qualche giorno fa i legali hanno depositato un esposto in procura per far luce sul pestaggio, che ha ridotto in fin di vita il 42enne, in carcere per l’omicidio della sorella Alice e giudicato semi infermo di mente. Scagni è attualmente ancora in coma farmacologico dopo i diversi interventi chirurgici a cui è stato sottoposto.

Scagni, sostengono i soi avvocati, “non avrebbe dovuto stare in una cella con altre due persone”, soprattutto visto che meno di un mese fa era stato picchiato dal compagno di cella nel carcere di Marassi ed era stato proprio questo il motivo del trasferimento.

Lapeschi e Bettoli, sul punto, non sono riusciti per lungo tempo ad avere informazioni dal carcere genovese nonostante le numerose Pec inviate. “Ora è arrivato il responso, che tuttavia è un non responso” dice laconico l’avvocato Bettoli. “Si sono limitati a dirci che si tratta di atti interni al carcere di Marassi e non possono fornire informazioni né sull’autore del pestaggio né sui giorni che Scagni ha trascorso in infermeria in seguito allo stesso”.

Anche la Procura, per la stessa ragione, non è stata neppure informata. Ai legali al momento non resta che presentare un altro esposto contro ignoti, questa volta in Procura a Genova, “o meglio contro il compagno di cella di Alberto Scagni che la Procura al contrario di noi dovrebbe essere in grado di identificare”.

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