Genova. Uno sconto di pena fino a un terzo. E quando si parla di un’accusa di omicidio volontario significa evitare l’ergastolo. Per questo oggi Vincenzo e Guido Morso (o meglio i loro rispettivi difensori Mario Iavicoli e Riccardo Lamonaca) hanno chiesto e ottenuto dalla corte di assise di Genova di essere processati con rito abbreviato. Ennesima ’sorpresa’ in una vicenda dove fin dall’inizio i colpi di scena non sono mancati.
Basti ricordare che per giorni, fino all’autopsia, il medico legale disse che il 27enne Davide Di Maria era morto per un foro di proiettile al petto, quanto poi è risultata una coltellata, fino alla ridefinizione nella scorsa udienza da parte del sostituto procuratore Alberto Landolfi dei capi di imputazione con l’accusa in particolare a Vincenzo Morso di omicidio volontario in concorso con il figlio Guido oltre all’aggravante dei motivi abietti per tutti, dovuti allo spaccio di droga.
Proprio la contestazione di “fatti nuovi o diversi” consente agli imputati di chiedere riti alternativi anche nel corso del dibattimento, cosa normalmente non possibile. Un’opportunità a cui tutti gli impuntati (anche Cristian Beron e Marco N’Diaye, difesi rispettivamente dagli avvocati Giuseppe Calandro e Sandro Vaccaro) non hanno voluto rinunciare.
Visto che alcuni capi di imputazione minori continueranno ad essere giudicati con rito ordinario, sarà sempre la corte di assise a giudicare gli abbreviati con un’altra sorpresa possibile: a meno di un accordo tra le parti il rito abbreviato non è un processo pubblico e quindi i famigliari e gli amici della vittima e di Guido Morso che presenziano a tutte le udienze fin dall’inizio del processo, non potranno assistere alle conclusioni per cui sono già state fissate le date: il 27 marzo, il 16 e il 17 aprile. Poi verrà decisa la data della sentenza.
Oggi intanto il pm ha depositato nuovi elementi probatori: si tratta dei tabulati del teste Roberto Zoppei, che un mese prima dell’omicidio viene minacciato da N’Dyaie, Di Maria e Beron allo scopo di fargli vendere della droga e delle risultanze sul telefono di Guido Morso circa i suoi rapporti con Davide Di Maria.
A questo proposito il 18 agosto, giorno in cui Zoppei viene minacciato con una pistola in un garage di Albaro, Guido Morso chiama Di Maria. Dieci telefonate in una quindicina di ore, dalle 8 del mattino alle 3.27 di notte. Tutte fatte con la modalità della chiamata anonima come se Guido sapesse che se avesse chiamato facendo risultare il mittente non avrebbe ricevuto risposta. Di Maria in realtà non aveva risposto comunque tanto da irritare Guido: “Testa di cazzo dove sei? Ti cerco da ieri” scrive Guido.
Per il difensore di Morso Riccardo Lamonaca si tratta di “quisquilie” tanto che non si è opposto all’acquisizione delle prove. Per il pm Landolfi si tratta di un ulteriore elemento che mostra con i rapporti da presunto assassino e vittima fossero oramai parecchio deteriorati.