Le indagini

La tac senza contrasto, gli antidolorifici e il vaccino non indicato sulla cartella clinica: tutti gli errori che inguaiano 5 medici per la morte di Camilla Canepa

Gli indagati sono il primario del pronto soccorso, due medici di reparto e un neurologo: nessuno seguì il protocollo previsto per una sospetta trombosi derivante dal vaccino

camilla vaccino

Genova.  Una catena di negligenze commesse dai medici del pronto soccorso dell’ospedale di Lavagna che tra la sera del 3 giugno 2021 al mattino del 4 presero in carico la 18enne Camilla Canepa ha secondo la Procura di Genova portato alla morte della studentessa, morte che sono i pm si sarebbe potuta evitare se fossero state rispettate le procedure prescritte dall’Aifa in caso di sospetta trombosi derivante dal vaccino.

I fatti

Camilla Canepa infatti era andata in ospedale accompagnata dai genitori, una settimana dopo essere stata vaccinata contro il covid  con il vaccino Astrazeneca durante un open day, perché lamentava una fortissima cefalea accompagnata da fotosensibilità. Si tratta secondo l’accusa dei principali sintomi che possono far pensare a una VITT (Vaccine-induced immune thrombotic thrombocitopenia), una trombosi come conseguenza – certamente rara ma possibile – della somministrazione del vaccino anti-covid-19.

Alla ragazza in ospedale vennero fatti dei generici esami del sangue e somministrati antidolorifici in quanto le venne diagnosticata una ‘cefalea‘. La mattina, visto che la 18enne lamentava gli stessi sintomi, venne eseguita una tac senza contrasto,  poi Camilla venne dimessa. Il giorno successivo la ragazza era in condizioni gravissime a causa di una trombosi al seno cavernoso con emorragia cerebrale in corso: fu portata di nuovo all’ospedale di Lavagna e lì trasferita al San Martino di Genova dove venne operata al cervello ma le sue condizioni erano ormai disperate. Il 10 giugno la ragazza morì in ospedale.

La ragazza al momento del primo ricovero aveva detto ai medici del vaccino ma questo elemento non era stato riportato sulla sulla  sua cartella clinica. E tutti i trattamenti successivi secondo la Procura furono sbagliati e inadeguati.

Cos’è la sindrome da Vitt

Secondo l’accusa i medici non effettuarono “tutti gli accertamenti diagnostici previsti dal protocollo terapeutico elaborato da Regione Liguria per il trattamento della sindrome da VITT (Vaccine-induced immune thrombotic thrombocitopenia)”.

Il primo di tutti sarebbe stata la Tac con contrasto che avrebbe rivelato la trombosi in atto. Il protocollo pubblicato dall’Aifa pubblicato il 26 maggio 2021, intitolato Complicanze tromboemboliche post-vaccinazione anti-COVID-19 con Vaxzevria (ChAdOx1 nCov-19, AstraZeneca) o con COVID-19 Vaccine Janssen (Ad.26. COV2.S, Johnson & Johnson) prevede, in caso di pazienti che presentino piastrinopedia e sintomi come cefalea e foto sensibilità e siano stati vaccinati in un periodo precedente compreso tra 4 e 28 giorni – esattamente il caso di Camilla Canepa – devono essere eseguiti specifici accertamenti.

Tra questi l’esame principe è proprio la tac con contrasto: “l’esame di prima scelta oggi è l’angio-TC cerebrale, indicando al medico neuroradiologo il sospetto clinico così da poter studiare correttamente con il mezzo di contrasto i distretti venosi”. O in caso di dubbio, spiega sempre l’Aifa, “una Angio-risonanza magnetica”. Anche le cure, furono sbagliate: sarebbero serviti degli anticoagulanti mentre gli antidolorifici che le vennero prescritti non potevano certo risolvere la trombosi in atto.

I medici indagati e le accuse

I quattro medici indagati per omicidio colposo sono  il primario del pronto soccorso, i due medici del repartoche presero in cura la ragazza al momento del ricovero e la mattina successiva e un neurologo che la visitò, sono accusati di  “negligenza, imprudenza o imperizia tenuta nel corso dell’attività espletata”. Il primario in particolare è accusato proprio di non aver formalmente diffuso la circolare con il protocollo VITT, pubblicata da Aifa e inviata a tutti gli ospedali da Regione Liguria. Gli altri perché, secondo l’accusa, pur conoscendo comunque le procedure VITT visto che il primario aveva “a voce informato i medici”, non le hanno applicate.

I quattro e un ulteriore medico che visitò Camilla Canepa il 5 giugno quando era ormai in condizioni disperate e fu trasferita al San Martino di Genova, sono indagati anche per “falso ideologico”. Nel corso degli interrogatori avevano ammesso di sapere che la ragazza era stata vaccinata contro il covid una settimana prima, ma non lo avevano inserito l’informazione nei dati della cartella dei ricoveri. Si tratta di questo caso di un reato ‘doloso’ che tuttavia integrerebbe sempre, secondo i pm Stefano Puppo e Francesca Rombolà,  l’imperizia e la negligenza che hanno impedito di evitare la morte della ragazza.

Gli indagati, difesi dagli avvocati Paolo Costa, Stefano Savi, Alessandro Torri, Alberto Caselli Lapeschi e Maria Antonietta Lamazza, hanno ricevuto l’avviso di garanzia nei giorni scorsi. Ora hanno 20 giorni di tempo per leggere le carte che li accusano, per presentare memorie e per farsi eventualmente interrogare dai pm che successivamente procederanno con la richiesta di rinvio a giudizio.

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