Il processo

Ponte Morandi, negli anni Novanta l’impresa che faceva i lavori suggerì di abbatterlo invece di “mettere pezze per decenni”

Ma Autostrade (allora pubblica) si oppose. Battibecco in aula con il pm che attacca i difensori: "Smettete di abbiaiare". In aula Castellucci e Donferri Mitelli

ponte morandi

Genova. Quando nel 1991 si svolse la riunione propedeutica ai lavori della pila 11, trovata gravemente ammalorata, che portarono al rinforzo della stessa tramite la posa dei cavi esterni, l’impresa che dove eseguire i lavori, l’azienda ISA-Italstrade, suggerì di abbattere l’intero ponte in quanto, secondo i tecnici dell’azienda, con il solo rinforzo di una pila su tre si rischiava di andare “a mettere una pezza su una struttura che in futuro ne avrebbe bisogno di molte altre”. Lo ha spiegato oggi in aula Alberto Lodigiani, ingegnere ultraottantenne, che negli anni Novanta era direttore tecnico dell’impresa subappaltatrice Preco.

“L’impresa Isa-Italstrade lavorava già da tempo sul ponte – si era resa conto dello stato di ammaloramento del calcestruzzo sia sulla pila 11 sia sulla 10 sia sulla 9” e tra mettere una pezza su un’opera che presentava ammaloramenti diffusi e ricostruirla da zero avrebbe avuto più senso la seconda opzione in un rapporto costi-benefici. Autostrade però si oppose all’ipotesi tramite Gabriele Camomilla ai tempi capo delle manutenzioni della società allora pubblica.

Procura e avvocati di parte civile gli hanno chiesto perché il restyling non fu esteso già allora ai alle pile 9 e 10. “Al tempo – ha risposto il teste – le loro condizioni non erano ritenute tali da dover compiere un’operazione del genere. Specificamente, si pensò di applicare piastre d’acciaio sul 10, ritenuto comunque migliore dell’11, mentre sul 9 si pensava che sarebbe andato avanti così per un po’”. “Fecero credo delle prove sia riflettometriche che dinamiche – ha spiegato Lodigiani – dalle quali deduco che considerarono le altre due in condizioni migliori”.

Il fatto che non fossero stati decisi interventi importanti anche sulle pile 9 e 10 aveva suscitato qualche perplessità tra i tecnici ma che si erano trasformate solo in chiacchiere tra imprese che si occupavano dei lavori: “Non ho mai parlato di questo con Aspi o Spea” ha però precisato il teste che però, sollecitato soprattutto dall’avvocato di parte civile Raffaele Caruso che gli ha anche contestato dichiarazioni fatte al pm, ha poi ricordato che “dicevamo tra noi tecnici che se avevano commesso un errore nella realizzazione della pila 11 non potevamo escludere che errori simili potessero essere stati commessi anche sulle altre pile”.

Lodigiani, dopo l’esperienza degli anni Novanta fu richiamato da Aspi nel 2017 per ‘validare’ il progetto di retrofitting redatto da De Angelis, progetto che tuttavia, come noto, non venne realizzato in tempo. Lodigiani ha spiegato anche che nel corso dei lavori per la pila 11 esisteva un sistema di monitoraggio sotto gli stralli per verificare la precompressione, ma che quando si ritrovò a visionarlo molti anni più tardi lo trovò “abbandonato a ste stesso con deiezioni di piccioni ovunque e i cavi mangiati da topi“.

La lunga udienza di oggi è stata segnata anche da una pesante polemica tra procura e avvocati dopo che il pm Walter Cotugno, davanti alla reiterata manifestazione di perplessità degli avvocati sulle modalità di evidenziazione d’un verbale con continue interruzioni delle sue domande, si era rivolto ai legali con la frase “Quando finite di abbaiare… arrivo alla domanda”.  Immediato l’ammonizione del giudice al pm ma anche l’invito ad andare avanti. A scoppio ritardato però alcuni avvocati hanno protestato contro l’espressione oggettivamente pesante usata dalla procura e il collegio ha sospeso l’udienza per un quarto d’ora per riportare la calma.

Alle schermaglie della mattina hanno assistito anche due studenti del liceo Gobetti, presenti in udienza nell’ambito di un progetto di alternanza scuola lavoro curato dal loro docente di diritto, supportati proprio dall’avvocato del Comitato dei parenti delle vittime che ha spiegato loro lo svolgimento del processo in corso.

All’udienza di oggi, oltre a Giovanni Castellucci, ha partecipato anche l’ex numero tre di Aspi, Michele Donferri Mitelli, che non ha però voluto rilasciare dichiarazioni alla stampa. Il processo proseguirà mercoledì’ mattina con altri testimoni sempre relativi ai lavori degli anni Novanta. Non verrà probabilmente invece in udienza anche se era stato citato come testimone, l’allievo di Riccardo Morandi, Francesco Pisani, oggi ultranovantenne. Pisani a causa dell’età, ha grossi problemi di salute che il viaggio a Genova potrebbe aggravare. Per questo molto probabilmente saranno acquisite le dichiarazioni rilasciate due anni e mezzo fa alla Procura.

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