Recensione

La vida es un sueño coinvolge e convince il pubblico al Teatro Modena di Sampierdarena

Ancora in scena sino a oggi, domenica 15 ottobre

Genova. Il Teatro Nazionale ha inaugurato la nuova stagione con La vida es un sueño e l’unico appunto che dobbiamo fare è che è previsto in scena solo fino a oggi, domenica (ore 16), dopo il debutto di giovedì.

Lo spettacolo, che è una grande coproduzione che unisce Gran Bretagna, Spagna, Francia, Italia e ha proprio nel Nazionale di Genova il partner italiano, ha nelle scelte di regia e nella sfaccettata interpretazione Compañia Nacional de Teatro Clàsico di Madrid i punti di forza.

Il testo, scritto nel Seicento da Pedro Calderón de la Barca, è un vero classico perché parla di questioni che non invecchiano mai: il senso della nascita, il libero arbitrio, l’onore, la potenza della ragione sull’istinto e l’importanza, per un essere umano, di avere un’identità.

Il principe Sigismondo a causa di una tragica profezia, è stato privato della libertà alla nascita dal padre, il re Basilio di Polonia, e vive prigioniero in una torre. Il padre decide di metterlo alla prova e lo catapulta nel palazzo reale sotto l’effetto di un sonnifero. Sigismondo si comporta con ferocia: uccide un uomo di corte e insidia Rosaura, di cui si è innamorato. Rosaura era arrivata, accompagnata dal servo Clarin, per vendicarsi di Astolfo, duca di Moscovia, di cui è innamorata, ma che le ha sottratto l’onore abbandonandola per accasarsi con Estrella, nipote del re e sua cugina, in modo da succedere al trono. La condotta di Sigismondo sembra dare ragione alla profezia e il padre lo rinchiude di nuovo nella torre. Risvegliatosi, Sigismondo dubiterà di ciò che gli è accaduto e crede di aver sognato. Liberato da una rivolta popolare e messo sul trono che gli spetta di diritto, farà tesoro della precedente esperienza: persino quando si sogna è bene agire in modo retto. Il principe si comporterà saggiamente, senza cercare vendetta.

La scena sul palco è minimale. una parete verde con diverse porte che si aprono e si chiudono e nella versione del celebre regista britannico Declan Donnellan anche la platea stessa diventa parte della rappresentazione, con Segismondo, soprattutto, che utilizzerà moltissimo gli spazi in mezzo al pubblico. “Fare o Essere? Calderón suggerisce che la nostra principale paura non è la morte, ma il non-esistere, che è cosa completamente diversa. Ci chiede se il vero motivo per cui facciamo le cose non è tanto perché vogliamo farle, ma solo per dimostrare che esistiamo”, sottolinea Donnellan.

Si ride, si riflette, si resta attoniti. Sono davvero molte le emozioni che vive lo spettatore durante le due ore di spettacolo. A volte ci si trova a sorridere anche dei momenti di follia di Sigismondo, un aspetto terribilmente umano.

La compagnia ha dato vita a uno spettacolo di rara intensità: Alfredo Noval è un Segismondo reso belva dalla prigionia, rabbioso, ma anche spaventato. Ne apprezziamo tutte le sfumature di espressione, i movimenti delle mani, degli occhi, la fisicità con cui riempie la scena. Altra menzione per Goizalde Nuñez (Clarin), meritato premio Talìa in Spagna (riconoscimento dell’Academia de las Artes Escénicas de España) per questa interpretazione: il suo è l’unico personaggio interamente comico del testo che ha però l’unica fine tragica, ma fondamentale per l’ammissione della colpa di re Basilio.

Bene anche tutti gli altri: Ernesto Arias (Basilio), Rebeca Matellàn (Rosaura), Àngel Ruiz (Clotaldo), Manuel Moya (Astolfo), Irene Serrano (Estrella) e le due “guardie” Prince Ezeanyim e Antonio Prieto.

Nessun problema con la recitazione in lingua originale, grazie ai sovratitoli.

Biglietti da 14 a 40 euro.

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