Approvata

Sanità, manovra da 63 milioni per coprire il disavanzo. Le opposizioni: “È il fallimento della giunta Toti”

Il presidente ligure: "Non stiamo tagliando risorse, finanziamo servizi già erogati". Bocciata la proposta delle opposizioni per la chiusura di Alisa. Mistero su una seconda "variazione fantasma" da 10 milioni

Toti visita gli ospedali San Martino e Gaslini a Pasquetta

Genova. Via libera in Consiglio regionale alla variazione di bilancio da 63,6 milioni di euro per coprire il disavanzo della sanità, una manovra varata dalla giunta Toti col preciso scopo di colmare il buco generato dalle aziende liguri nell’esercizio 2023. L’approvazione è arrivata al termine di una lunga seduta con 18 voti a favore e 12 contrari. “Non stiamo parlando di tagli ai servizi – ha sottolineato in aula il governatore – ma di spese sostenute per servizi già erogati ai cittadini, con quale livello di efficienza è un altro tema di dibattito”.

In commissione era stato approvato anche un emendamento con una partita di giro da poco più di 10 milioni di euro per coprire investimenti nel settore sanitario attingendo a cofinanziamenti di programmi comunitari oggetto di riprogrammazione. Nel testo approvato dall’aula, però, non compare alcun riferimento all’ulteriore variazione di bilancio e non sono arrivati chiarimenti sul punto né dalla giunta né dagli uffici, nonostante le richieste del capogruppo del Pd Luca Garibaldi. Probabile quindi che il provvedimento debba essere ripresentato con un disegno di legge ad hoc in una delle prossime sedute del Consiglio regionale.

Per racimolare il “tesoretto” necessario la Regione ha imboccato due strade. La prima è il recupero di 10,7 milioni principalmente attraverso l’adeguamento delle previsioni di entrata relative agli effettivi incassi per arretrati dell’Irap (3,6 milioni) e addizionale regionale Irpef (4,3 milioni), quindi maggiori entrate fiscali per somme già dovute, e rimodulazione del debito autorizzato per la copertura di investimenti pregressi, spostando 2,3 milioni dall’esercizio 2025 all’esercizio 2024.

Il resto arriverà giocoforza da una serie di tagli ad altre voci di bilancio, da finanziare attraverso l’indebitamento, il più sostanzioso dei quali ammonta a 35,5 milioni di euro spostati dal “finanziamento ordinario corrente per la garanzia dei Lea” al nuovo programma “ripiano di disavanzi sanitari relativi ad esercizi pregressi“. Tra gli altri spostamenti di risorse si segnalano i 4 milioni prelevati dall’agricoltura, oltre 2 milioni dalle politiche per il lavoro e la formazione professionale, altri 1,4 milioni di euro da economie sul cofinanziamento di programmi comunitari del periodo 2014-2020.

L’opposizione, prima di votare il provvedimento, ha presentato un ordine del giorno per chiedere alla giunta di elaborare entro sei mesi una proposta di chiusura di Alisa, della struttura di missione sulla sanità e della cabina di regia ridistribuendo le funzioni di programmazione e governo. Tra le ragioni alla base c’è l’affidamento di una consulenza da 450mila euro all’advisor Kmpg per risanare i conti della sanità regionale. Il documento è stato respinto.

Una manovra, questa, che “certifica il fallimento del modello di governance sanitaria della giunta Toti – attacca il Pd per bocca del capogruppo Luca Garibaldi -. Di fronte a un disavanzo di queste dimensioni, il doppio rispetto a quello dell’anno precedente, si impone l’azzeramento del modello di sanità proposto da Toti in questi otto anni. Un modello fatto di privatizzazioni, tagli ai servizi, scelte scellerate che hanno condotto la sanità pubblica al disastro, aumentando fughe, liste d’attesa e numero di persone che rinunciano a curarsi o che possono farlo solo pagando. Lo spezzatino di funzioni messo in atto da questa giunta nella gestione della sanità va ricondotto a un ordine, a partire dalla chiusura di Alisa“.

Azzerare Alisa – prosegue Garibaldi – vuol dire azzerare il castello di carta e scatole costruite attorno alla sanità. Un carrozzone inutile da 400 milioni di euro che non è stato in grado di gestire il sistema sanitario ligure e non ha operato quelle scelte necessarie per migliorare gli equilibri e garantire i servizi. Le sue competenze vanno ridistribuite in maniera ordinaria, senza cabine di regia, advisor e sovrastrutture esterne che in questi anni la giunta Toti ha messo attorno alla azienda certificandone nei fatti l’incapacità di gestione. Serve ricominciare tutto da capo con un confronto aperto con le organizzazioni sindacali per coordinare la fase più acuta, con una operazione verità sulla sanità pubblica che Toti, con le sue scelte, sta portando al disastro”.

“Una manovra che certifica il fallimento della politica sanitaria della nostra regione, tutta responsabilità della giunta Toti – ribadisce il capogruppo di Linea Condivisa e vice presidente della commissione Salute Gianni Pastorino -. Dopo otto anni di governo, ora il presidente Toti non si può più lamentare e scaricare le responsabilità sulle precedenti amministrazioni. La giunta Toti ha sempre negato la presenza di un buco di bilancio, quello stesso buco creato dalla mala gestione del centrodestra. Ora non si può più nascondere la polvere sotto al tappeto, lo vediamo con l’annuncio di un investimento di 450mila euro per l’analisi e il riordino dei conti che, affidandosi a società private di consulenza, certifica queste mancanze. Nella regione con il più grande numero di strutture (quattro aziende ospedaliere, cinque Asl, Alisa e assessorato) verranno distolti 35 milioni di fondi dai servizi sanitari per coprire questo buco. Tutto questo mentre Toti non si vergogna a dare continuamente soldi ai privati, anche nei casi della cardiochirurgia, nonostante non risultino esserci liste di attesa”.

“La sanità ligure rischia di finire a gambe all’aria e per salvare capra e cavoli Regione Liguria sarà costretta a operare tagli odiosi: per ripianare il buco spaventoso pari a 63 milioni di euro, frutto della disastrosa gestione totiana, a pagare saranno i cittadini che dovranno ingoiare ulteriori tagli ai territori nei servizi sociosanitari e sul personale degli ospedali. Con buona pace delle promesse pre-elettorali sia del centrodestra regionale sia di quello nazionale – accusa il capogruppo del M5S Fabio Tosi -. Questa è una manovra salva-dirigenti nominati dalla maggioranza regionale. “Stupisce che la Regione si ostini a non fare i conti con il vero problema della sanità ligure. Ed è lo sperpero di importanti risorse con una radice nota: Alisa. La maggioranza regionale sa bene quanto ci è constatato quel carrozzone, ne prenda atto e provi a fare buon uso delle critiche costruttive anziché bollare di gufismo chi si oppone a una scelta scellerata. In queste due legislature abbiamo sempre sostenuto l’inutilità della Super Asl, e il tempo ci ha dato ragione. E lo sa bene anche l’ente, costretto ad affidare la gestione dei conti della sanità a una società di consulenza esterna al costo di 450mila euro. Un clamoroso mea culpa“.

“Una manovra che aumenta ancora di più gli squilibri territoriali tra le diverse Asl, visto che il debito da ripianare è concentrato quasi tutto su Genova – osserva il consigliere regionale della Lista Sansa Roberto Centi -.  La giunta Toti promuove a gran voce i modelli del ‘Gaslini diffuso’ e del ‘San Martino diffuso’, ma in realtà, oltre ai casi delle indiscutibili eccellenze mediche, di diffusi ci sono soprattutto i loro debiti: più di 38 milioni di euro il San Martino, e oltre 2 milioni il Gaslini. Nella assegnazione dei budget la Regione dovrebbe tener conto degli ambiti territoriali, per evitare di aumentare quelli squilibri che, insieme ai tagli e al ricorso ai privati, stanno già distruggendo la sanità pubblica ligure e in particolare quella di alcune Asl laterali. In questo quadro sono convinto che la prima azione da fare sia chiudere Alisa, una struttura che pesa per 420 milioni di euro l’anno e che non ha fino a qui rispettato gli obiettivi di reale pianificazione e di gestione della sanità ligure”.
“Rispetto al 2022 il disavanzo è cresciuto: la cosa più preoccupante è che la Giunta prende soldi da altri fondi, ad esempio riduce la capacità di spesa dei fondi europei togliendo la propria quota, e non dà nessuna risposta su quali siano le manovre in sanità per consentire il mantenimento delle prestazioni spendendo di meno. Serve un processo di riorganizzazione che riguarda Alisa, che costa 29 milioni e non mette neanche un cerotto, e tutti gli strumenti di governance che costano 20-30 milioni di euro, soldi che vengono meno alle prestazioni sanitarie – ha rimarcato Sergio Rossetti di Azione -. Non ci sono manovre per selezionare meglio le mission degli ospedali, non ci sono manovre per sviluppare la sanità territoriale. Faremo ospedali e case di comunità ma non sappiamo come li gestiremo e soprattutto come si riorganizzano i servizi territoriali. Non è solo il disavanzo che pesa e riduce prestazioni pubbliche e private ma è anche la mancanza di visione, di una progettualità della Giunta Toti che ci preoccupa molto”.

Non lasceremo buchi di bilancio nei prossimi anni, come invece abbiamo trovato al nostro arrivo: terremo, come abbiamo fatto finora, i conti in ordine. Nel momento in cui si parla di mettere fondi sulla sanità non vuol dire che stiamo tagliando risorse, ma che al contrario stiamo immettendo risorse, perché è stato speso di più di quanto avevamo preventivato nel bilancio approvato a dicembre 2023. La sanità ligure ha speso 63 milioni di euro in più di prestazioni che hanno prodotto risultati concreti, visto che sono aumentate le prestazioni”, ha replicato Toti.

“Quest’anno – ha aggiunto Toti – stanzieremo ulteriori 112-113 milioni di euro in più, che sono quanto spetta alla Liguria dei 5,2 miliardi con cui il governo ha finanziato il fondo sanitario regionale, quindi le aziende potranno già disporre del bilancio di previsione più i 63 milioni che abbiamo già speso e inoltre restano oltre 50 milioni con cui finanzieremo le gare per la diagnostica, la cardiochirurgia, ortopedia protesica e poi la chirurgia generale. Rispetto all’anno scorso, in cui le prestazioni sono cresciute dell’8-9%, ci aspettiamo un ulteriore balzo in avanti. Ora occorre lavorare sull’appropriatezza: alcune prestazioni sono assolutamente legittime, in altri casi, come dice l’Iss, per i meccanismi un po’ perversi della medicina difensiva, anche prestazioni che potremmo fare a meno di erogare”.

La Regione segnala che, a fronte della stima di aumento del Fondo sanitario nazionale si prevede un aumento dell’attività di specialistica ambulatoriale e di diagnostica per ulteriori 2 milioni di prestazioni (da 26,4 milioni dell’anno 2023 a oltre 28 milioni di euro) e per l’ospedaliera si stima un aumento di oltre 14mila ricoveri.

“Si tratta quindi di ampliare i servizi ai cittadini – prosegue il governatore – nella logica di traguardare un sistema sempre più performante. Come regione più anziana d’Italia e d’Europa, siamo chiamati al difficile compito di garantire le crescenti esigenze dei nostri cittadini attuando contemporaneamente azioni per rendere la Liguria ‘appetibile’ per i nostri giovani. In questo senso – conclude – stiamo lavorando, da un lato aumentando le possibilità di cura da un lato e, dall’altro, investendo sulle politiche giovanili e sullo sviluppo economico. Intendiamo continuare così”.

Sulla proposta di chiudere Alisa il governatore ha replicato: “La riorganizzazione della sanità è già prevista dai decreti ministeriali 70 e 77 che integrano la sanità territoriale con la sanità ospedaliera. Si vuole fare un passo ulteriore verso l’integrazione? Lo farei volentieri. È chiaro a tutti che c’è ancora uno spazio per ulteriori razionalizzazioni, ovviamente non come fa l’opposizione puntando il dito su un obiettivo comodo, distante dai cittadini, usando un filo di qualunquismo e populismo per cui i dirigenti in alto devono pagare i conti sulla ghigliottina come Robespierre, perché ricordo loro che con Robespierre c’è finito pure Danton sulla ghigliottina”.

“Non c’è nessun taglio nella sanità ligure e parlandone in questo modo si fa facile demagogia – aggiunge l’assessore alla Sanità Angelo Gratarola replicando alle parole usate da alcuni consiglieri di opposizione a margine della discussione in Consiglio regionale -. C’è un dato incontrovertibile: in Liguria i Lea erano e sono garantiti e lo sono grazie al Fondo sanitario nazionale il quale è soggetto a controlli da parte del tavolo di monitoraggio del ministero della Salute e del ministero dell’Economia e delle Finanze. Nella sua autonomia Regione Liguria ha deciso di impiegare 35 milioni di fondi propri per finanziare ulteriormente il sistema sanitario regionale. Quindi i 35 milioni di cui si parla non sono determinanti al fine della tutela dei Lea. L’attività del 2023 ha trovato copertura con i fondi 2024 senza intaccare i Lea”.

“È innegabile quindi che la Sanità stia vivendo un momento di difficoltà non solo a livello ligure, ma anche a livello nazionale ed è altrettanto vero che su questa condizione pesa ancora l’eredità lasciata dal Covid – conclude Gratarola – Ma è altrettanto innegabile lo sforzo di Regione Liguria per migliorare il sistema. E anche questa manovra correttiva si muove in questo senso. Non vanno poi dimenticati gli investimenti straordinari compiuti per abbattere le liste d’attesa che oggi consentono ai liguri di potere eseguire la gran parte degli esami diagnostici nei tempi soprattutto per chi ha prescrizione entro i 10 giorni”.

“Il disavanzo sulla sanità in Liguria c’è sempre stato e la nostra regione oggi non è messa né peggio né meglio rispetto alle altre – dichiara il consigliere regionale della Lega e presidente della commissione Salute Brunello Brunetto -. Occorre poi considerare che il nostro servizio sanitario pubblico nazionale, così come quello regionale, fa molto di più per la popolazione rispetto a quanto fanno altri Stati, come per esempio la Francia che ha sostanzialmente un sistema assicurativo. Inoltre, la criticità esistente a livello nazionale sulla carenza di medici e infermieri in Liguria risente particolarmente anche delle difficoltà logistiche del nostro territorio. Genova è infatti più favorita rispetto ad altre realtà periferiche e ricordo che il contratto collettivo di lavoro non permette a Regione Liguria di spostare medici e infermieri da un’Asl all’altra a piacimento secondo le necessità. Fondamentale per risolvere almeno in parte il disavanzo della sanità ligure è senz’altro il tema dell’appropriatezza dell’utilizzo delle risorse ossia degli interventi erogati per la diagnosi e il trattamento di una determinata condizione clinica. Occorre quindi lavorare, ancora di più, affinché gli interventi erogati siano forniti al paziente giusto, nel momento giusto, nel livello assistenziale adeguato e dal professionista giusto”.

“Gli attacchi delle opposizioni sul tema del bilancio della Sanità sono davvero incredibili. Sarebbe sufficiente dare un’occhiata ai conti degli ultimi anni, fare un raffronto della gestione della sinistra con quella condotta dalle giunte Toti, per capire chi abbia prodotto i danni e chi abbia invece cercato di contenere le conseguenze delle difficoltà oggettive del comparto – aggiunge la Lista Toti -. Basta prendere in mano i bilanci: dal 2005 al 2014, in dieci anni, sotto la gestione delle giunte di centrosinistra di Claudio Burlando, sono stati generati passivi per poco meno di un miliardo (971 milioni per l’esattezza). Dal 2016 al 2023, negli otto anni gestiti dalle giunte Toti, la somma del disavanzo è pari a 317 milioni. Oltre ai 95 milioni di passivo, eredità ricevuta a metà 2015, al momento del cambio della guardia. Oggi ascoltiamo prediche di tutti i tipi, accuse alle soluzioni adottate dalle maggioranze di centrodestra che, tra l’altro, lo scorso anno e in questo avvio di 2024, hanno accresciuto le risorse investite nella sanità, cioè quindi le spese, per aumentare le prestazioni, per abbattere le liste d’attesa, con risultati ottenuti in pochi mesi e certificati. La sinistra invece ha prodotto un miliardo di deficit in dieci anni chiudendo gli ospedali e i pronto soccorso che ora chiede a noi di riaprire, organizzando manifestazioni contro la Regione ma dimenticando di dire che quei presidi li avevano chiusi loro. E che sono stati i loro governi nazionali a stabilire i parametri minimi per cui si possono tenere aperti reparti e centrali operative. Sulla sanità la sinistra può solo tacere”.

 

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