La danza dei sette veli, la luna incombente: il testo di Wilde si sposa felicemente con quel teatro contaminato da musica e cinema prediletto da Luca De Fusco. “Poche volte si verifica il caso di un titolo tanto noto quanto poco rappresentato – scrive il regista Luca De Fusco – ma Salomè è un grande archetipo, un simbolo eterno di amore e morte.
I registri che Wilde usa oscillano tra il drammatico, l’ironico, l’erotico, in una miscela che è molto ambigua e di difficile rappresentazione proprio per i suoi meriti, ovvero per la sua originalità che la fa solo in apparenza somigliare ad una tragedia greca mentre in realtà ci troviamo di fronte a una sorta di poemetto teatrale”.
Scritto in Francia nel 1893, la celebre storia biblica di Erode, Giovanni Battista, Erodiade e della danza di Salomè fu subito recepita come un testo di grande poeticità e di enorme carica erotica. Messo in scena per la prima volta a Parigi, Salomè fece subito scandalo. Proprio per quella sua natura ambigua, soffusa di sensualità e peccato, il poema di Wilde ha avuto alterne fortune sceniche. Perché affrontare una sfida così difficile?
«Innanzitutto – risponde Luca De Fusco – per il gusto delle sfide. Uno dei modi di innovare il repertorio teatrale è anche quello di rimettere in circolazione testi che ne sono usciti per pigrizia mentale, per abitudine, per poco coraggio, di registi e teatri. È poi nota la mia passione sulle contaminazioni tra teatro, danza, musica, cinema.
Salomè, con la sua luna piena incombente e allucinata, con la sua danza dei sette veli, sembra quindi un testo ideale per questo teatro ‘spurio’ che prediligo da tempo. E affrontiamo la sfida anche perché ci basiamo su un trio di attori di eccezione come Eros Pagni, Gaia Aprea e Anita Bartolucci, che incarnano rispettivamente i ruoli di Erode, Salomè e Erodiade”.