Una creazione corale che ci restituisce la struggente vitalità del romanzo di Pasolini. Premio della Critica, Ubu e Le Maschere per la regia. Il Riccetto, Agnolo, il Begalone, Alvaro, e ancora il Caciotta, Spudorato, Amerigo… Sono quei “ragazzi di vita”, dalla vitalità disperata, raccontati in un romanzo che traboccava del brulichio delle borgate romane. Sulla scena nuda, dove si evocano bagni al Tevere o pomeriggi al bar, 19 giovani attori interpretano esistenze genuine e spregiudicate, dando voce alla scrittura di Pier Paolo Pasolini e a quel primo, feroce romanzo scritto nel 1955.
Dopo il successo delle passate stagioni, ritorna questa creazione corale e struggente diretta con mano sicura dal pluripremiato Massimo Popolizio, con la drammaturgia dello scrittore Emanuele Trevi. Narra del popolino giovane e scapestrato che abitava la Roma delle “lucciole”, prima del grande mutamento genetico: una città terrigna e barbara, furbetta e ingenua, schietta ed evanescente. Parlavano con voci raspate, strozzate, grevi: la Marana, le baracche, lo smercio del corpo, i tram e le gite a Ostia erano raccontate con timbri antichi, che risuonano intensi e vivi.
“I ‘ragazzi’ lottano con la quotidianità. Una vitalità infelice: la cosa più commovente in quest’opera è proprio la mancanza di felicità. Sono un popolo selvaggio, una squadra, un gruppo, un branco di povere anime perdute – racconta Massimo Popolizio – ‘Ragazzi di vita’ è intriso di musica, di canto e di canzoni. Siamo in quell’aria, in quell’aere, che la voce di Claudio Villa ha depositato nel tempo e che a Roma è stato quasi un modo di atteggiarsi, prendendosi in giro”. E lo spettacolo diventa divertente e appassionante, commovente e tragico: proprio come la vita di quei ragazzi.
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