Genova. Uno straordinario impianto scenico che si avvale di oltre 50 mq di ledwall e un’abbacinante parete a specchio, una compagnia di quasi quaranta artisti e una ventina di tecnici per un totale di quattro ore e mezza di spettacolo, Davide Livermore porta in scena al Teatro “Ivo Chiesa” l’intera “Orestea” di Eschilo, unica trilogia tragica del teatro greco antico giunta sino a noi nella sua completezza.
Nel progetto nato dalla collaborazione tra l’INDA Istituto Nazionale del Dramma Antico e Teatro Nazionale, che si avvale della nuova traduzione di Walter Lapini, le tre tragedie dedicate alle sanguinose vicende degli Atridi, intitolate “Agamennone”, “Coefore” ed “Eumenidi”, vengono rappresentate in due spettacoli, ovvero “Agamennone” e “Coefore / Eumenidi”, con la rara possibilità di vedere l’intera saga in due “puntate” ravvicinate o in formato “maratona” nella stessa giornata.
Interpretati da un cast brillante e coeso, in cui spiccano le presenze di Laura Marinoni, Sax Nicosia Giuseppe Sartori, Gaia Aprea, Olivia Manescalchi, Stefano Santospago, Anna Della Rosa, Giancarlo Judica Cordiglia, Linda Gennari e Maria Grazia Solano, i due spettacoli si tengono dal 14 al 25 marzo (“Agamennone” dal 14 al 19 marzo, “Coefore / Eumenidi” dal 21 al 25 marzo, i due spettacoli nella stessa giornata il 19 e il 25 marzo dalle ore 16).
Scritta nel 458 avanti Cristo, l’”Orestea” parla di giustizia e vendetta, maschile e femminile, polis e sfaldamento della società. Agamennone torna ad Argo vittorioso dalla guerra di Troia: è un re che ha un mantello di sangue dietro di sé, ad iniziare dal sacrificio della figlia Ifigenia. Assetata di vendetta, la moglie Clitemnestra, con la complicità del suo amante Egisto, lo uccide. Dopo dieci anni il figlio Oreste, spinto dal dio Apollo a vendicare la morte del padre, commetterà il terribile matricidio che scatenerà l’ira delle Erinni. Solo l’intervento della dea Atena, che istituisce il primo processo della storia, interromperà la catena di sangue e le temibili Erinni si trasformeranno nelle benevole Eumenidi.
“Giustizia è l’idea fondamentale della trilogia e attorno cui gira tutta la storia dell’uomo. Una giustizia i cui labili confini vengono costantemente messi in discussione”, afferma Davide Livermore. Se è vero che Eschilo con “Orestea” racconta il passaggio dalla legge del taglione alla giustizia amministrata da un tribunale, allo stesso tempo ne mette subito in evidenza i limiti, descrivendo un processo falsato, in cui l’avvocato di Oreste è lo stesso dio Apollo e con il voto della dea Atena, determinante per l’assoluzione finale.
I video di D-Wok che alludono ad oscuri presagi o terribili fatti di cronaca, gli splendidi costumi firmati da Gianluca Falaschi che rimandano agli anni Trenta e Quaranta, le musiche composte da Mario Conte e Andrea Chenna, le luci di Marco De Nardi che bagnano di sangue il palcoscenico, le luttuose figure del coro contribuiscono a restituirci l’immagine di una società sull’orlo del tracollo. “La narrazione di questa vicenda è vicina ai nostri tempi. Abbiamo la responsabilità di dare vita alle parole della tragedia, che racconta le umane fragilità – continua Livermore – In un momento storico come questo, mentre una guerra rimbomba alle porte dell’Europa, il teatro deve porsi l’obiettivo di ricreare la comunità. Diciamo agli spettatori: quel che state guardando ci riguarda, sta parlando di noi”.
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