Genova. Sullo sfondo Milano, dominata dal Pirellone e dalla torre Galfa, la stessa Milano che si arricchisce durante il boom ma che a volte sembra perdere di vista il valore dei sentimenti.
I Teddy Boy sono espressione del disagio giovanile degli anni Sessanta. La rivolta contro la società ma anche l’abbandonarsi al languore delle giornate passate al bar, senza studiare, senza lavorare; con, nella testa, nelle mani, nei coltelli, sogni di colpi che li possano fare svoltare; la voglia di stupire, di andare contro. Ribelli senza una causa, una sorta di Arancia Meccanica alla Pasolini. E come in Arancia Meccanica i Teddy corrono verso la loro fine nella notte di capodanno. L’ultima notte della loro innocenza in cui la realtà li risveglierà bruscamente all’alba. Svaligiare una chiesa, picchiare un omosessuale, distruggere una casa di piccola nobiltà, devastare un night club, stupire, provare ad andare oltre. Il loro motore non è diverso da quello dei giovani delle generazioni che li hanno preceduti e che seguiranno. Per questo parliamo di loro. Per parlare di oggi. Attraverso la loro ribellione parliamo delle ribellioni che finiscono con la morte o con l’assorbimento da parte del sistema. Ribelli come rito iniziatico per diventare grandi. Per occupare quei posti di potere che i loro padri hanno occupato prima di loro.
di Pier Paolo Pasolini
adattamento Paolo Trotti e Stefano Annoni
con Diego Paul Galtieri e Stefano Annoni
scene e costumi Giada Gentile
regia Paolo Trotti
produzione Teatro Linguaggicreativi
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