Genova. Dal 28 gennaio al 2 febbraio al Teatro Ivo Chiesa va in scena “Sarabanda” di Ingmar Bergman, nell’allestimento a firma di Roberto Andò, con la traduzione di Roberto Zatti e in coproduzione con il Nazionale di Napoli e il Teatro Biondo di Palermo. Andò sceglie così un autore del Novecento europeo, vicino al cinema e alle riflessioni sul senso della vita nel pieno dell’età matura, e con “Sarabanda” compone un altro affresco tra letteratura e teatro.
“È il film testamento di Ingmar Bergman – lo definisce – Il grande regista lo girò nel 2003 con una telecamera digitale, affidandolo a due attori simbolo della sua filmografia: Erland Josephson e Liv Ulmann. È concepito in dieci scene in cui volta per volta si avvicendano due dei quattro personaggi che ne compongono il disegno. Una struttura musicale che allude alla sarabanda, una danza per coppie solenne e lasciva che venne proibita nella Spagna del sedicesimo secolo, per poi essere adottata da grandi compositori quali Bach o Handel”.
In questa sorta di testamento artistico il maestro svedese scomparso nel 2007 torna a parlare dei protagonisti di “Scene da un matrimonio”, diventati trent’anni dopo più maturi e spietati. Il loro è un ultimo confronto che, in presenza di un figlio e una nipote, evidenzia le molteplici sfumature delle relazioni umane e familiari e la loro capacità di generare rimpianti, rimorsi, rancori.
Il mistero dell’amore e dell’odio, l’ineluttabile conflitto tra genitori e figli, indifferenza e attaccamento morboso, la vecchiaia, l’angoscia degli “ultimi giorni”, lo scenario della vita, “troppo grande” per la debolezza umana, sono i temi di questa “Sarabanda”, danza lenta e severa in cui le coppie si formano e si disfano. Dieci scene, dieci dialoghi in cui i personaggi s’incontrano a due a due, per sciogliersi definitivamente nell’esecuzione di padre e figlia della omonima suite bachiana. “Sarabanda” si tiene martedì, mercoledì e venerdì alle ore 20:30, giovedì e sabato alle 19:30, domenica alle 16.
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