Un dramma in otto scene per raccontare un dilemma morale e la demolizione sociale di un individuo a mezzo stampa. Uno psichiatra affronta una crisi professionale e morale quando rifiuta di testimoniare in tribunale a favore di un paziente accusato di avere compiuto una strage. Il penitente, l’ultimo testo composto nel 2016 dal drammaturgo statunitense David Mamet – già vincitore del prestigioso Premio Pulitzer per Glengarry Glen Ross – descrive una società così alterata nei propri equilibri che l’integrità del singolo diviene l’aberrazione che devasta la sua vita e di chi gli vive accanto.
Coinvolto da un sospetto di omofobia, “il penitente” subisce dunque una vera gogna mediatica e giudiziaria. Viene sbattuto “in prima pagina”, e su di lui si riversa la riprovazione di un pubblico volubile, alla feroce ricerca di un colpevole sul quale fare ricadere la giustizia sommaria della collettività.
«Ho scelto questo lavoro di Mamet – spiega il regista Luca Barbareschi – perché è una lucida analisi del rapporto alterato tra comunicazione, spiritualità e giustizia nella società contemporanea. Il protagonista de Il penitente è vittima dell’inquisizione operata dai media. A cosa può servire – conclude il regista – rivendicare la ragione se, come dice Mamet, ciò significa isolarsi, uscire dal coro ed essere puniti per questo?».
Interpretato dallo stesso Barbareschi, anche traduttore dell’originale, e da Lunetta Savino, il lavoro accende così i riflettori sull’influenza della stampa, sulla strumentalizzazione della legge, sull’inutilità della psichiatria: temi di una pièce che si svolge tra l’ambiente di lavoro e il vissuto privato del protagonista.
La demolizione sociale di un individuo non può non influire, infatti, e inesorabilmente, sul rapporto matrimoniale. L’esito è un dramma in otto scene, otto confronti tra marito e moglie, con la pubblica accusa e con il proprio avvocato. Con un colpo di scena finale.
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