Genova. Un gruppo di lavoratori del porto raccolti sotto la sigla autonoma C.A.L.P. Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali si riunisce in assemblea per discutere sulle difficoltà di rapporto con il sindacato, denunciare il passaggio delle navi che trasportano armamenti ed esplosivi destinati ai teatri di guerra e ragionare sulla necessità di fare rete e includere un approccio intersezionale nella loro azione. “Portuali” di Perla Sardella parte da qui e porta lo spettatore al fianco dei camalli e dentro le loro battaglie tuttora attuali.
Il documentario sarà proiettato a Genova, dove è stato girato, lunedì 3 marzo alle ore 19:30 al Club Amici del Cinema e alle 21:30 al CineClub Nickelodeon e venerdì 7 marzo alle 21 al Cinemino Ad Astra, sempre con il regista presente in sala per incontrare il pubblico. L’opera è distribuita in Italia da OpenDDB e prodotta da Berenice Film con il sostegno di Rosa-Luxemburg-Stiftung Brussels Office e Stiftung Menschenwürde und arbeitswelt e in collaborazione con AAMOD Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico.
“Portuali” racconta le giornate dei lavoratori e il mondo sindacale dall’interno, in uno spaccato delle attività del Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali fra il 2019 e il 2023. Gli scioperi contro la “nave delle armi” hanno portato il collettivo a chiedersi quale forma possa avere un sindacato più attento alle istanze del presente: dalle richieste di maggiori diritti e sicurezza sul posto di lavoro alla vicinanza a tematiche di genere, ambientali, sociali, nella necessità di convergenza e unione delle domande sociali.
Dall’antimilitarismo al dialogo con gli altri portuali del Mediterraneo, il documentario racconta il sogno di dare forma ad un mondo diverso e il prezzo che questa ricerca comporta. Tra le immagini passano costantemente i primi piani in assemblee, la ritualità della vita in comune e riprese d’archivio, elementi che rimettono al centro il lavoro e il conflitto come primo motore di cambiamento nella storia.
“‘Portuali’ nasce dalla volontà di esporsi all’irriducibile flagranza della lotta innescando un corpo a corpo con la realtà, in cui il cinema rinunciasse a strategie affrettate – racconta la regista – Trovandomi a confronto con un gruppo interamente maschile, ne ho offerto un ritratto da una prospettiva inattesa, quella della parola, che qui è materia, ritmo, motore di un’azione volta al cambiamento”.
