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“Chiaroscuro”: l’opera e la vita della pittrice Artemisia Gentileschi a Camogli

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Camogli. Artemisia Gentileschi è una figura straordinaria per la sua produzione artistica e la sua vita drammatica, che ne ha fatto un simbolo di tutte le donne che subiscono violenza da parte degli uomini, ieri come oggi. Sabato 15 marzo alle ore 21 al Teatro Sociale andrà in scena uno spettacolo incentrato sulla grande pittrice seicentesca e sul suo essere donna abusata e artista coraggiosa e geniale: “Chiaroscuro” di Gaetano Colella, con protagoniste Francesca Cecala, Miriam Gotti, Barbara Menegardo, Ilaria Pezzera e Swewa Schneider, dirette da Andrea Chiodi.

Cinque interpreti femminili, cinque voci e cinque corpi di donna per raccontare la vita tanto drammatica di Artemisia, artista somma e donna vittima della brutalità maschile. Un lavoro che attraverso le tappe del famoso processo per stupro ad Agostino Tassi riesce ad entrare nei chiaroscuri della vita della grande artista. Le cinque interpreti si trasformano a turno in tutti i personaggi ma soprattutto si calano ciascuna nei panni di Gentileschi, diventando a poco a poco un coro di voci femminili capace di svelarci il pensiero e i sentimenti di Artemisia con il canto.

“Il chiaro e lo scuro, il bene e il male, la musica e il silenzio, la luce e le tenebre: otto elementi, otto stati d’animo, otto momenti della condizione umana – dice Chiodi – Artemisia Gentileschi è tutto questo anche perché così vogliono gli altri. Ognuna l’ha dipinta e raccontata come voleva, qualcuno si è appropriato di questa figura. La cosa che mi intriga maggiormente è il suo essere artista straordinaria. Da qui voglio partire: dalla donna che ha saputo dare voce alle donne, dalla donna che attraverso l’arte e la bellezza si è salvata, prima dalla solitudine per la perdita della madre e poi dal disonore e dalla violenza”.

“Un lavoro di voci e corpi che ci farà immergere nel pensiero e nel cuore dell’artista del Seicento pari a Caravaggio, il tutto attraverso l’evocazione della sua pittura attraverso lo strumento del canto per rivelare e riconciliare quella rabbia e quella trasgressione che permea la produzione artistica della grande pittrice italiana”, conclude il regista.

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