Genova. Nell’ambito della stagione “Lunaria a Levante” di Lunaria Teatro domenica 11 aprile alle ore 16 dal Teatro Emiliani di Nervi su Facebook Andrea Benfante sarà in scena “Giuseppe Marzari – Un uomo in frac”, uno spettacolo da un’idea di Cesare Viazzi e per la regia di Daniela Ardini.
Comico, umorista e macchiettista, Marzari è stato un noto attore teatrale dialettale genovese. In particolare è stato l’inventore di una delle più popolari maschere genovesi: ‘0 Scio Rataella, antenato del Gabibbo e impersonato dal comico numerosissime volte per le frequenze regionali di Radio Rai nel programma “Il bazar del mugugno”, contenuto all’interno della rubrica “‘A Lanterna”.
Eppure di scritto non è rimasto quasi nulla di lui. Solo recentemente Cesare Viazzi gli ha dedicato la biografia “Marzari, un uomo in frac” (De Ferrari Editore, 2010), a cui lo spettacolo in parte si è ispirato. Ma se così poco è rimasto com’è che il ricordo di quel raffinato fine dicitore genovese è rimasto fresco e indelebile nella memoria dei suoi concittadini? Il merito sta tutto in quell’inconfondibile voce sarcastica e divertita che, interpretando canzoncine divertenti, avvinazzati, lavoratori particolari e altri mille personaggi buffi, è riuscita a conferire al suo padrone immortalità e freschezza allo stesso tempo.
Una sorta di diffusione orale a distanza di anni. Un’infinita girandola di siparietti e situazioni che hanno accompagnato i genovesi fino ai giorni nostri, sbattendo loro sulla faccia difetti e ridicolezze senza lasciar alcun segno tangibile se non quello di un sorriso. Una comicità così pungente e una varietà così dispiegata di caratteri non possono non essere immaginate su un palcoscenico. In un’officina, in un trenino o in uno stadio gremito i personaggi di Giuseppe Marzari vivono di vita propria grazie al breve spazio di qualche minuto, raggruppandosi in diversi filoni e argomenti.
È proprio attraverso questi flebili pretesti di raccontini settoriali che lo spettacolo rende omaggio al grande artista scomparso. Prediletti nelle sue macchiette sono soprattutto i quadretti famigliari, le tifoserie di stadi scalcinati, le comicissime conversazioni telefoniche tra lavoranti e clientela, gli ubriaconi pittoreschi e i mestieri più disparati. Tutto ciò determina al suo repertorio variegato ogni più sottile sfumatura del comico, dalla comicità meccanica a quella brillante, fino a raggiungere le alte vette del surrealismo che soltanto pochi geni, come lui, riescono a toccare.
Un tenero ricordo della radio “del bel tempo che fu” e di uno dei più grandi interpreti della genovesità, uno degli ultimi grandi umoristi del secolo scorso, un uomo che ha dedicato la propria vita a quella “lingua” e a quella città che lo aveva cresciuto artisticamente e lui non volle mai tradire.
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