Genova. Memoria e invenzione, magia e realtà, tradizione e attualità s’intrecciano in “Accabadora”, il romanzo che ha portato al successo Michela Murgia, Premio Campiello nel 2010, divenuto un coinvolgente monologo teatrale qualche anno fa con la regia di Veronica Cruciani e l’adattamento della drammaturga Carlotta Corradi. Teatro Nazionale renderà omaggio alla scrittrice scomparsa proponendo lo spettacolo interpretato da un’intensa Anna Della Rosa martedì 21 maggio alle ore 20:30 al Teatro Ivo Chiesa.
In un immaginario paesino della Sardegna la piccola Maria viene affidata dai genitori alla “tzia” Bonaria Urrai, una sarta che vive sola e la accoglie come “fill’e anima”, una modalità di mutuo soccorso piuttosto frequente nella Sardegna di un tempo. La bambina cresce nell’ammirazione di questa madre adottiva, più colta e attenta di quella naturale, sino a quando qualche anno dopo scoprirà che all’occasione fa l’accabadora, ovvero aiuta a morire le persone in fin di vita.
Sconvolta da questa rivelazione, Maria fugge dall’isola e cerca una nuova vita nel “continente”, a Torino, sino al giorno in cui sarà richiamata in paese per assistere la madre adottiva colpita da un ictus. Da questo punto, al capezzale di Tzia Bonaria, Maria ripercorre tutta la storia, indizio dopo indizio, come fosse un giallo intimo. Combattuta fra rabbia e amore, adesso è lei a dovere affrontare la fatidica scelta.
“Da subito ho immaginato il dialogo tra Maria e Tzia Bonaria come un dialogo tra sé e una parte di sé, tra una figlia e il suo genitore interiore – scrive Cruciani nelle note di regia – Per questo motivo ho voluto realizzare uno spazio astratto, mentale, in cui Maria cerca di rielaborare la morte della madre adottiva”. L’uso dei video evidenzia il conflitto interiore fra i due aspetti di Maria: la parte rimasta bambina e quella che deve diventare adulta. “La pedana sospesa crea una divisione fra l’attrice e il pubblico – aggiunge la regista – È la gabbia mentale in cui Maria è intrappolata e di cui riuscirà a liberarsi soltanto alla fine, compiendo il fatidico gesto richiesto dalla madre. O meglio, ripetendolo davanti alla sua coscienza e a noi, pubblico che la assolverà”.
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